Tutti i colpi ad altezza d’uomo Il vigilante finisce in carcere Accusato di omicidio.
Cosa sia passato per la testa di Mauro Pelella, il vigilante trentaquattrenne della «Fidelitas» che lunedì pomeriggio ha freddato due rapinatori a Quinzano d’Oglio, appare tutt’ora incomprensibile. Mai una mancanza, mai un gesto fuori posto in sette anni di lavoro. E adesso? «Adesso ho rovinato la mia vita e anche quella di mia figlia che deve ancora nascere» ha detto Mauro ai carabinieri poche ore dopo il fatto. La figlia della guardia giurata è nata ieri mattina, con un mese di anticipo sul previsto ma il padre non ha potuto assistere al parto perché da ieri mattina è in stato di fermo con l’accusa di duplice omicidio volontario. «Un atto inevitabile, alla luce della ricostruzione dei fatti» ha detto il procuratore di Brescia Nicola Pace, spiegando una mossa destinata a far discutere e a spaccare l’opinione pubblica. Secondo il magistrato non esistono gli elementi base né della legittima difesa né dell’uso legittimo delle armi: «Il vigilante non è un pubblico ufficiale— ha detto— dunque non può intervenire come farebbe un carabiniere o un poliziotto. Nel caso di Quinzano, poi, lo sparatore non aveva ricevuto alcuna minaccia diretta e la banca rapinata non era quella che lui doveva sorvegliare» . Già , Mauro Pelella si è imbattuto per caso nei tre banditi (due rimasti stesi sull’asfalto, un terzo catturato dopo una breve fuga); ma il suo, a giudizio della procura e alla luce delle indagini dei carabinieri, non può nemmeno essere considerato il comportamento di un comune cittadino che interviene per sventare un reato. «Tutti i colpi — specifica il procuratore Pace— risultano esplosi ad altezza d’uomo e molti hanno centrato l’auto. E poi la guardia può intervenire per impedire che un bene proprio o altrui venga derubato. Qui la rapina era già stata commessa. L’offesa e la reazione devono essere contestuali e commisurate» . Colpisce in effetti l’accanimento con cui Pelella si sarebbe scagliato contro i rapinatori: i 15 spari in mezzo alla strada (almeno tre a segno, nella schiena e all’altezza dell’arteria femorale delle vittime), l’inseguimento, la richiesta fatta al collega perché gli passasse la pistola. La guardia è in carcere, ora, in isolamento perché nessuno si nasconde che possa diventare bersaglio di vendette. I banditi che lui ha affrontato, del resto, non sono dei principianti. Otello Astolfi, 62 anni, uno dei due morti, era un veterano delle rapine e viene da una famiglia di giostrai; Dario Delle Grottaglie, l’arrestato, era stato condannato a 8 anni (6 dei quali scontati) per associazione di stampo mafioso.
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