Tricolore e Va’ pensiero in piazza fino a notte per gridare “vergogna”

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 ROMA – L’inno d’Italia che risuona nelle piazze di Roma, un tricolore lungo sessanta metri portato come fosse una reliquia da Montecitorio al Pantheon e poi ancora, al calare della sera, tutti a piazza Santi Apostoli. Il D-Day, giorno della democrazia, comincia con il sole e si conclude con la luna e un freddo vento di tramontana. Un pezzo di Italia che non ci sta, che si vergogna delle gesta di Berlusconi e della sua corte. Niente monetine, niente violenza. 24 ore di civiltà  contro la barbarie che semmai si annida dentro, nel Palazzo. L’ultima tappa di questo grido collettivo di indignazione si consuma alla luce dei riflettori. Un piccolo palco in piazza Santi Apostoli, vicino alla sede di quel che fu l’Ulivo. Tre parole sullo sfondo: Costituzione, Unità , Resistenza (intendendosi soprattutto quella al premier). Un coro di cento persone intona «Va Pensiero» e »Dies Irae», «giorno d’ira quel giorno, giorno di angoscia e di afflizione…». C’è un misto di energia e rassegnazione. E’ una comunità  allargata: spezzoni di militanti del Pd, reduci dalla manifestazione con Bersani al Pantheon, popolo viola, quelli di Articolo 21, di Libertà  e Giustizia, i Verdi di Bonelli, molta società  civile, come si dice. Il copione della Notte Bianca della Democrazia è ricco, si sta insieme fino a mezzanotte, forse per non sentirsi troppo soli. Anche se ormai l’ennesimo danno è fatto, anche se il Parlamento ha deliberato, come dice Di Pietro, che «Ruby è la nipote di Mubarak». Dies Irae, «giorno di rovina e di sterminio». «Vergogna! Vergogna!», urla la piazza. «Dimissioni! Dimissioni!». Un cartello riassume l’idea che Berlusconi ha della Costituzione: «Articolo 1: “Io so’ io e voi non siete un cazzo”». Non sorprendono, vista la straordinarietà  del momento, abbinamenti finora improbabili. Davanti a Montecitorio, presidiato dalle forze dell’ordine, ecco sventolare, in un angoletto, una bandiera di Futuro e Libertà  confusa tra le bandiere rosse del Partito Comunista dei Lavoratori di Marco Ferrando. Un refolo di vento e una falce e martello si avvinghia al vessillo di Fini portato da Riccardo, giovane di Cagliari, seguace di Fabio Granata: «Destra e Sinistra, non è il momento delle distinzioni. Ci vuole un clima costituente…». Granata si affaccia nel pomeriggio, lo applaudono: «Ti diamo la tessera onoraria del Popolo Viola». E Filippo Rossi, l’altro finiano, si materializzerà  nella notte, tra Moni Ovadia, Rosi Bindi e Giobbe Covatta, per la prima volta in vita sua su un palco, quello di Santi Apostoli. Un palco dove appare, sempre in fascia notturna, anche Bruno Tabacci, «new entry» del movimentismo. La Bindi conia il nuovo slogan della protesta: «Di giorno in Parlamento, di notte nelle piazze». Giornata lunga, passata insieme, cantando l’inno di Mameli e Bella Ciao, De André e Vecchioni, rispondendo ai turisti che passano e non capiscono: «Nel nostro Parlamento hanno fatto l’ennesimo favore a Berlusconi, il nostro premier nei guai con la giustizia». E vedi che gli stranieri, seduti al caffè del Pantheon, a quel punto applaudono Bersani senza capirlo. Dice il segretario del Pd: «Sono i disonesti a non arrossire mai di vergogna». Quando, alle 18, inizia la manifestazione del Pd al Pantheon, lassù a Montecitorio, l’altro presidio, coordinato dal blogger viola Gianfranco Mascia, è ancora “aperto”, reduce da una maratona di piccoli eventi, dalla recita degli articoli della Costituzione al flashmob del Teatro dei Colpevoli di Napoli. Gli attori fanno i politici vestiti da maiali. I maiali-politici grugniscono alla lettura della Costituzione. Titolo della performance: «Maialifici». C’è rabbia, rancore, energia che va convogliata. Si rischia la «rivolta», dice Di Pietro. E zittisce un cittadino che scherza sulla morte del premier come «unico modo per liberarsi di lui»: «No, si deve andare a votare!». Il lungo tricolore trascinato da centinaia di mani prende la strada del Pantheon. Quelli di Sel sono i più perplessi: «La giornata di oggi sembra una Via Crucis dell’impotenza…». Ma non si può che rilanciare e crederci. Il viola Mascia avverte: «Noi saremo qui, davanti alla Camera, oggi, domani e dopodomani perché questi vanno avanti, non smetteranno mai di fare leggi ad personam».


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