by Sergio Segio | 5 Aprile 2011 18:36
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Tre elementi che rischiano di rovinare le relazioni tra la Francia e l’Italia fanno riflettere sulle difficoltà dell’Unione europea.
Un disaccordo economico: l’Italia prepara un decreto per evitare che interessi francesi prendano il controllo, attraverso dei mezzi piuttosto banali, di quello che viene considerato come un gioiello dell’industria agroalimentare italiana, cioè il gigante del latte Parmalat.
Una questione politica nel caso libico: i francesi e i britannici vorrebbero cacciare Gheddafi, mentre l’Italia, che ha buoni rapporti con il leader libico, cerca in ogni modo di offrirgli una via d’uscita onorevole.
Infine il problema dell’immigrazione: gli italiani, che attraverso l’isola di Lampedusa sono diventati la meta di chi sfrutta la rivoluzione tunisina per entrare in Europa, sono indignati dall’atteggiamento francese di bloccare alla frontiera franco-italiana i tunisini che vorrebbero continuare il loro viaggio e cercare lavoro in Francia.
La prima difficoltà è del tutto incompatibile con le regole del corretto funzionamento di un mercato unico. La posizione italiana è quindi difficilmente accettabile. Ma bisogna riconoscere che il patriottismo economico, considerato come baluardo contro le forze del mercato, è un tema sempre più utilizzato dai governi.
In passato i tedeschi – con il caso Opel – e gli stessi francesi hanno fatto spesso ricorso a questo argomento, che oggi viene usato dall’Italia contro la Francia. Si tratta di guerre sterili, spesso combattute a spese del consumatore europeo, anche se i tentativi di concentrazione pongono innegabili problemi sociali. Problemi che dovrebbero essere analizzati e risolti a livello europeo.
Il secondo punto rimanda alla questione della difesa europea. Sul merito l’atteggiamento di Roma, più vicina a Mosca che a Parigi e Londra, è difficilmente accettabile. Sono i legami particolari fra Gheddafi e Berlusconi e fra Gheddafi e Putin che spiegano in parte la disponibilità di questi due leader nei confronti del leader libico.
Ma l’atteggiamento italiano, e soprattutto quello tedesco, ricordano una sorta di 2003 al rovescio. In quell’anno la guerra in Iraq aveva spezzato in due l’Europa. Da un lato Roma, Londra e Madrid con George Bush; dall’altro Berlino e Parigi che avevano formato con Mosca un asse ostile alla guerra. L’Unione europea ha avuto molte difficoltà a cancellare le tracce di questo disaccordo. E oggi viviamo un nuovo paradosso.
La creazione di un asse Londra-Parigi, in un’operazione militare basata sul dovere di ingerenza e su valori condivisi, dimostra che è possibile far partecipare la Gran Bretagna allo sviluppo di una difesa europea. Una difesa che diventa sempre più necessaria, visto che la leadership americana non è più quella di un tempo. In futuro la differenza sarà tra gli europei che continueranno a fare riferimento a Washington e chi, come Francia e Gran Bretagna, pensa a una diversa distribuzione dei ruoli che lasci più iniziativa all’Europa.
Ma se l’atteggiamento italiano può essere criticato riguardo agli obiettivi europei e alla Libia, non si può non rimanere stupefatti di fronte alla mancanza di solidarietà verso Roma. La situazione a Lampedusa illustra ancora una volta una gravissima mancanza europea. Tutti sanno che il controllo dei flussi migratori dipende solo da un atteggiamento più coordinato e coerente dei diversi paesi europei.
E invece, cosa abbiamo visto? Lo spettacolo intollerabile del governo italiano che non fa nulla per migliorare la situazione sul posto, così da giustificare di fronte all’opinione pubblica l’adozione di misure più radicali; e nel frattempo dei leader europei che sembrano aver preso come modello Ponzio Pilato. Una situazione inaccettabile.
Questi episodi che hanno contrapposto l’Italia e la Francia dovrebbero convincerci a riprendere a ogni costo il cammino perduto dell’integrazione europea. (traduzione di Andrea De Ritis)
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