Tra bugie e improvvisazione l’attesa snervante nell’isola
LAMPEDUSA – Le strade del centro di Lampedusa sono gremite di tunisini sin dal primo mattino. Hanno passato l’ennesima notte all’addiaccio e ora, seduti sui muretti, sdraiati sull’asfalto e sui marciapiedi, elemosinando qualche soldo, sigarette e un po’ d’acqua per lavarsi, si apprestano a trascorrere un’altra lunghissima giornata che dio solo sa come andrà a finire. Guardandoli negli occhi si capisce benissimo che la loro calma è solo apparente, che è come un vulcano che dorme pronto a esplodere. E la miccia che rischia di fare da detonatore è l’intenzione, negata fino a l’altro ieri, che Palazzo Chigi intende a tutti i costi rispedire in Africa almeno mille immigrati. La tensione è dunque altissima e c’è solo da sperare che il peggio, ossia il rimpatrio coatto, non accada. Stando alle promesse fatte dal presidente del consiglio mercoledì ai lampedusani, a quest’ora i trasferimenti dovevano essere già conclusi. Aveva infatti detto che sarebbero avvenuti «tutti entro due giorni e mezzo al massimo». E invece non è vero. I trasferimenti si sono bloccati da 24 ore. Le lancette sono ferme alle 11,30 di giovedì mattina, quando da Cala Pisana è partita la seconda e ultima nave delle sei-sette annunciate in pompa magna dal premier. Perché si sono fermate? Ufficialmente a causa del «vento forte» che impedisce alle navi di attraccare al porto – un porto tra l’altro nuovo di zecca costato circa 4 milioni ed entrato in crisi alla prima brezza di maestrale – ma è una versione vera soltanto in parte. Al largo di Lampedusa da diversi giorni è ormeggiata un’altra nave, la militare «San Marco», «tecnicamente attrezzata» per attraccare anche con il mare in tempesta, ma ‘misteriosamente’ non autorizzata a farlo. A sostenerlo sono fonti autorevoli della polizia di Agrigento addette alla gestione delle operazioni navali a Lampedusa. «Non abbiamo disposizioni in merito. Le partenze non le decidiamo noi». Perché il governo non dà il via libera? Una spiegazione dovrebbe fornirla il governo oppure il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso, nominato commissario straordinario per l’emergenza. Ma tutto tace, è «top secret». Il sospetto è che lo stop ai trasferimenti sia strettamente legato all’esito dell’incontro che Berlusconi ha annunciato per lunedì con il governo tunisino sui rimpatri. È un sospetto, ma ad avvalorare il doppio triplo gioco di Palazzo Chigi sulla sorte dei tunisini, ieri è stato un articolo del Corriere sul giallo che avrebbe caratterizzato il viaggio della nave «Catania», quella con 600 immigrati a bordo partita giovedì mattina. La destinazione doveva essere la Puglia. In realtà le disposizioni governative prevedevano che la «Catania» facesse rotta verso la Tunisia. Ma il niet del Paese africano all’attracco avrebbe indotto Roma a far fare marcia indietro, facendo dirigere la nave a Taranto. Di caos, bugie e improvvisazioni ce n’è già abbastanza. Ma a rendere oggettivamente ancor più complicati i trasferimenti ieri si è aggiunto anche il no delle regioni al piano tendopoli. Tutto dipenderà anche dall’esito dell’incontro di Berlusconi con il governo tunisino, che nei giorni scorsi avrebbe contro proposto al governo italiano – ricevendo però un deciso diniego – di prendersi carico lui stesso della gestione della crisi umanitaria a Lampedusa. A raccontarlo ieri in un’intervista all’Ansa è stato il politologo tunisino Omeya Naoufel Seddik, presidente della Federazione tunisina della cittadinanza delle due rive del Mediterraneo (Ftcr). E a proposito di crisi umanitaria, di diritti umani calpestati, sempre ieri qui a Lampedusa sono arrivati i dirigenti di Amnesty international. La loro denuncia non è altro che la pura e semplice constatazione di ciò che è sotto gli occhi di tutti da molte settimane. «L’emergenza di Lampedusa – accusa Giusy D’Alconzo, di Amnesty Italia – è una crisi creata dal governo italiano che poteva essere evitata. Le condizioni in cui sono tenuti gli immigrati sono al di sotto degli standard internazionali dei diritti umani, diritti non dei migranti, ma delle persone. I tunisini – ha proseguito – non ricevono un’informazione adeguata sulla loro destinazione né su quello che li attende né sulla procedure legali e la possibilità di chiedere asilo». «La risposta del governo italiano è stata lenta – ha aggiunto Charlotte Phillips, componente del segretariato internazionale di Amnesty a Londra – soprattutto considerato che a Lampedusa si tratta di piccoli numeri rispetto ai flussi di profughi che attualmente vengono fronteggiati dai Paesi confinanti con la Libia e cioè l’Egitto e la Tunisia, dove sono dirette in questi giorni 400 mila persone». La situazione dal punto di vista umanitario è arrivata ad un punto di non ritorno. Nel denunciarlo, le organizzazioni internazionali sottolineano la «straordinaria solidarietà » dimostrata dagli abitanti di Lampedusa. Le critiche sono tutte verso il governo, anche da parte di Medici senza frontiere: «Le condizioni igienico-sanitarie sono inaccettabili – accusa il direttore generale di Msf, Kostas Moscochoritis – È una situazione al di sotto degli standard umanitari con tremila persone ammassate all’addiaccio che dispongono di appena 16 bagni chimici e due cisterne d’acqua. È difficile credere che siamo in un Paese del G8. Le condizioni di vita dei migranti a Lampedusa – ha concluso – sono peggiori di quelle che troviamo nei campi profughi in cui Msf lavora nel mondo». Un vertice tra tutti i corpi della polizia, durato fino alla tarda serata di ieri, ha deciso per oggi il trasbordo di circa 3 mila immigrati. Destinazione Italia. E i tunisini, appresa la notizia, ricominciano a sorridere.
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