Sul tavolo del vertice Roma-Parigi una lettera congiunta diretta alla Ue
ROMA – Una lettera congiunta, firmata da Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi, indirizzata a Bruxelles per chiedere una modifica alle regole di Schengen e un aiuto concreto ai paesi che devono fronteggiare l’emergenza immigrazione. A questo stanno lavorando la diplomazia italiana, il Viminale e palazzo Chigi, per uscire dal vertice bilaterale di martedì con qualcosa di concreto. E per questo la minaccia della Francia di sospendere unilateralmente il trattato di Schengen, a tre giorni dal summit di villa Madama, piomba come una doccia gelata sul governo. Per Berlusconi si tratta soltanto di un «equivoco». Gli sherpa di palazzo Chigi, Farnesina e Viminale entrano in fibrillazione, il premier si consulta con Maroni e Frattini. Partono telefonate a Parigi. E tuttavia si preferisce non enfatizzare lo strappo, quasi giustificando l’uscita dell’Eliseo «alle prese con una difficile campagna elettorale». Tanto più che l’iniziativa francese, per come è stata anticipata dalle agenzie, in qualche modo collima con il contenuto della lettera congiunta che i due leader esamineranno durante il loro incontro a Roma. In quel documento Roma e Parigi chiederanno infatti a gran voce il potenziamento di Frontex, l’agenzia Europea per la sorveglianza delle frontiere, che attualmente è poco più che un centro studi sui fenomeni migratori. E poi, certamente, ci sarà anche una richiesta di ritoccare la “governance” di Schengen, ma gli italiani precisano che questo varrà «per la gestione delle crisi future, non per l’attuale». Insomma, la vicenda degli immigrati tunisini che hanno ottenuto il permesso provvisorio, e in parte sono andati già in Francia, non c’entra nulla. Come non c’entra nemmeno la possibile, da tutti attesa, nuova ondata di profughi in arrivo dalla Libia, visto che «si tratta di richiedenti asilo a cui nessuno può negare l’ingresso e la libera circolazione nello spazio europeo». Gli italiani chiedono invece che nella lettera a doppia firma ci sia anche, e in bell’evidenza, un paragrafo sul «sostegno reale, concreto (e non come è adesso) che l’Ue deve prestare a quello stato membro che subisce l’arrivo in massa dei barconi». La minaccia francese non è quindi ritenuta credibile. E non solo perché entrambi i leader hanno oggi interesse a riannodare i fili di un rapporto troppo slabbrato. «Se la Francia volesse davvero sospendere Schengen – osservano i diplomatici con in mano i trattati – dovrebbe notificare la richiesta con quindici giorni di anticipo alla commissione europea e anche agli Stati confinanti. Noi ovviamente non saremmo d’accordo. E comunque la sospensione, con le attuali regole, può essere invocata solo per circostanze eccezionali, come un vertice G8». Ma, ammettono a palazzo Chigi, la questione al momento non si pone. Anzi, Roma e Parigi cercano di ricucire su tutte le questioni, compresa la frattura sulla guerra in Libia. Tanto che i due governi stanno studiando il modo di scongelare i beni libici bloccati all’estero in favore dei ribelli. «Io e Nicolas – ha raccontato giorni fa Berlusconi – troviamo facilmente un accordo. Del resto siamo molto amici: lui era l’avvocato del gruppo Bouygues di cui io ero l’azionista».
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