Stop a condizionatori e lavatrici Giappone, austerity per rinascere
TOKYO – A un mese dalla «tragedia più grave dopo Hiroshima», come il premier Naoto Kan ha definito lo tsunami dell’11 marzo, il Giappone si prepara ad affrontarne le conseguenze strutturali. Trovare 200 miliardi di euro per iniziare la ricostruzione più costosa della storia, è il primo problema. Il governo ha annunciato però ieri che la popolazione «deve ora essere pronta a cambiare stabilmente il proprio stile di vita». Le crisi innescate nelle centrali atomiche, Fukushima, Onagawa, Higashidori e Rokkasho, ma pure lo stop precauzionale di altri impianti, pone la nazione davanti ad una drammatica emergenza energetica. Quando le principali industrie saranno riaperte, non ci sarà corrente elettrica per tutti. Fino ad oggi, nelle regioni di Tohoku e del Kanto, investite dal terremoto, si è fatto ricorso ai blackout programmati. La sospensione a tempo dei servizi ha però scatenato la rivolta delle imprese. Fermare macchine e programmi per un’ora, costringe ad attendere una giornata per riavviarli e la soluzione presenta conti insostenibili. Il governo, sospesi i blackout, ha ammesso così che per i giapponesi si annuncia «un’estate di pesanti sacrifici». Entro fine aprile sarà presentato il piano nazionale di risparmio energetico più duro dal 1974, anno della prima crisi petrolifera, e i media l’hanno già ribattezzato «legge del grande sudore». Inviterà la popolazione a «tagliare volontariamente almeno il 20% del fabbisogno energetico personale». Obbligherà però legalmente aziende, proprietari di immobili, scuole ed enti pubblici a ridurre i kilowatt consumati tra il 15 e il 20%. L’austerity post-terremoto sarà in vigore da luglio a settembre e riguarderà gli orari di punta della domanda, tra le 10 e le 21. Secondo le anticipazioni, in questo intervallo di tempo nei luoghi di lavoro saranno sospese aria condizionata, luci nelle zone di passaggio, scale mobili, acqua calda, elettrodomestici (molto usati per riscaldare i pasti) e tutti gli automatismi delle toilette. Il Giappone, abituato a riscaldare la tavoletta del wc e a refrigerare i marciapiedi, è il simbolo mondiale dell’automazione robotizzata. Durante l’estate monsonica, caldo e umidità risultano insopportabili. Secondo i giornali la catastrofe del Nordest, origine della crisi nucleare, comporterà dunque «una stagione di rinunce, come ai vecchi tempi». Nell’area tra Tokyo e la prefettura di Iwate, in estate si consumano 18,3 milioni di kilowatt all’ora. I due gestori energetici in crisi, Tepco e Tohoku Electric, dopo gli incidenti e gli stop alle centrali atomiche possono garantirne 5,5. Gli altri 12,8 dovranno essere recuperati «attraverso tagli duri nei consumi». I privati che in casa dispongono di oltre 500 kilowatt dovranno rinunciare al 25%. Imprese ed enti pubblici dovranno invece presentare un piano di tagli in base al quale «per i dipendenti nulla sarà più come prima». Le restrizioni saranno vincolanti e andranno ad integrare i tagli volontari, per i quali è già partita una campagna di sensibilizzazione. Un Paese con 55 centrali nucleari, culla dell’hi-tech e dei centri benessere aziendali, si appresta a tornare ai ventagli, alla doccia settimanale notturna e a fare le scale. I sacrifici sono il segnale della volontà collettiva di superare la crisi, ma restano problemi enormi. La radioattività di Fukushima pregiudica agricoltura e pesca. La Cina e altre nazioni dell’Oriente hanno esteso ieri a 12 le zone bandite per l’importazione di prodotti e sono tornate a protestare contro gli scarichi di acque contaminate nel Pacifico. Nel reattore 1 di Daiichi prosegue il pompaggio di azoto nel serbatoio di contenimento, ma il rischio di una nuova esplosione non è scongiurato. Su tutto grava infine un’emergenza anagrafica senza precedenti. Il Giappone è costretto ad affidare la ricostruzione ad una popolazione dove la maggioranza ha più di 65 anni. E si chiede se le motivazioni dei pensionati, come quelle dei gerontocrati al potere, basteranno per trascinare il Paese nel futuro.
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