by Editore | 15 Aprile 2011 6:36
ROMA – Ha un occhio gonfio («ma me lo sono fatto in palestra, tiro di boxe») e zoppica appena un po’. Nessuna traccia di sangue sui jeans slavati che, probabilmente, ha cambiato dopo il ricovero. Per uno che è stato appena gambizzato, Andrea Antonini, 40 anni, laurea in economia e commercio, moglie e una figlia piccola, una vita dedicata all’estrema destra e alla militanza di strada, sembra decisamente in forma. Che sia un tipo tosto, del resto, si capisce subito: fisico da lottatore, accento romano ma italiano impeccabile, gran tatuaggio multicolore sull’avambraccio sinistro che si affretta a coprire tirandosi fino al polso la manica del maglione beige. Non fa la vittima e non la butta neanche troppo in politica come, del resto, avevano già fatto i suoi camerati o “cameragni” per usare il termine con cui i duri e puri di Forza Nuova bollano quelli di Casa Pound e il loro “fascismo sociale”. «Non mi fare le domande da questurino….» replica Andrea a un cronista che insiste a chiedere qualche dettaglio in più sulla scarsissima ricostruzione della Digos. Poi, a malincuore, si arrende: «Ero in motorino, davanti all’Euclide, uscivo dal Municipio e mi si è accostato un altro scooter con due a bordo. Ho rallentato, mi hanno sparato due colpi e sono scappati. Io sono tornato davanti al municipio e mi hanno soccorso». Poi attacca col discorso che, evidentemente, si era preparato: «Episodi del genere non fermeranno la nostra attività , la nostra lotta… È ora che chi vuole soltanto distruggere venga messo definitivamente da parte». Fine del comizietto davanti al pronto soccorso e via, con un codazzo di camerati tutti ugualmente gentili e disponibili, nonostante il look da tafferugli allo stadio, per andare con la polizia a un sopralluogo sul posto del ferimento. Se esiste un fascismo del terzo millennio, di sicuro Andrea Antonini ne è un esempio lampante, un personaggio yin e yang, pieno di contraddizioni e, a suo modo, intrigante: mediatico, attivissimo, sempre in bilico tra istituzioni e piazza, uno che non si tira indietro davanti alle sprangate ma neanche al dibattito. Il curriculum vitae è dritto come un fuso: inizia la militanza nel Fronte della Gioventù di Monza a 16 anni, fascista senza sconti, si diploma, si laurea (con la specializzazione in politica economica) si sposa ma il suo cuore batte per la politica. Si muove soprattutto nella zona del Prenestino: attivissimo. Nel 2002 entra nella segreteria politica del presidente della Regione Lazio Francesco Storace e ci resta per tre anni ma, presto, le loro strade si dividono. È un divorzio senza traumi tanto che Storace stesso, oggi, parla di «rapporti cordiali». Come tanti camerati un po’ allo sbando, Antonini approda a Casa Pound che, con l’occupazione di un palazzo di via Napoleone III, all’Esquilino, si sta conquistando un seguito e uno spazio nell’arcipelago dell’estrema destra capitolina. Partecipa alle occupazioni di case sfitte, combatte la battaglia per il mutuo sociale, va a vedere le partite della Roma sotto lo striscione nero con la scritta “Padroni di casa” e nel frattempo scala la gerarchia dell’organizzazione di cui oggi è vicepresidente nazionale. Anche Casa Pound, nel frattempo, cresce e si diffonde in tutta Italia creando fastidi e dissapori sempre più aspri con gli altri gruppi, a cominciare da Forza Nuova che non digerisce il terzomondismo e il velleitariso un po’ anarcoide dei “cameragni”. «Abbiamo 4 mila militanti di cui 1500 a Roma» sostiene Simone Di Stefano, l’altro luogotenente del leader Gianluca Iannone ma si tratta di una stima, a dir poco, generosa. Nel 2008, Andrea Antonini si candida alle comunali alla carica di presidente del XX municipio, come indipendente, nella lista della Destra-Fiamma Tricolore, raccoglie 3300 voti e poi, come gli altri di CasaPound, passa al Gruppo misto. Lo nominano presidente della commissione trasparenza e non salta una seduta anche se per vivere lavora alla Astral, una ditta di manutenzione stradale e ha perfino il tempo di fare militanza sindacale nella Ugl. Appare su Youtube, in giacca slacciata e fare compunto, in un dibattito sul degrado in cui argomenta niente male ma, nel frattempo, viene indagato per il blitz alla trasmissione “Chi l’ha visto?” (coi filmati diffusi via mail dagli stessi militanti dell’organizzazione) ed era sicuramente a piazza Navona durante i violenti scontri con gli studenti di sinistra. Lo yin e lo yang, il computer e la spranga, il dibattito e le botte. Una linea politica polimorfa che alla fine, potrebbe aver infastidito qualcuno. Qualcuno che magari, ha anche lui un cuore che batte a destra.
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