Spot, l’Authority si spacca su Mediaset

by Editore | 6 Aprile 2011 7:06

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ROMA – Toglietemi tutto, ma non il mio spot. In casa Mediaset, lo slogan è ancora questo. Soprattutto se il Garante delle Comunicazioni (l’Agcom) mette a punto un’indagine conoscitiva sul mercato della pubblicità . Indagine che può fotografare la forza straripante del gruppo tv milanese nella raccolta delle risorse economiche. Il tema – che sarà  discusso oggi nella riunione settimanale del Garante – è già  terreno di uno scontro sotterraneo, invisibile ai più. Due le azioni in campo: mentre i commissari del Garante (quelli vicini al centrodestra) provano a depotenziare l’insidiosa indagine, i tecnici di questo organismo resistono. L’indagine del Garante parte nel 2010 e punta a calcolare quanta pubblicità  viaggi sui media tradizionali (giornali, radio, tv) e quanta sui media innovativi (come è Internet). Nel calcolo del settore pubblicitario, rientra poi il lavoro degli intermediari. Sono soggetti (come i “centri media”) che aiutano a pianificare le campagne pubblicitarie. Questa è la torta. Dentro questo perimetro, il Garante dovrà  valutare se Mediaset soffra di ingordigia con i quasi 2 miliardi di pubblicità  incamerati ogni anno. Ora quattro commissari del Garante (Mannoni, Martusciello, Napoli e Savarese) chiedono di ingrandire la torta. Sostengono che, nel perimetro dell’indagine, dovrebbero rientrare anche un autentico oggetto misterioso. E’ il mercato del marketing e della “comunicazione di relazione”. Si tratta, in altre parole, dei servizi di assistenza che vengono assicurati (alle imprese) dalle agenzie pubblicitarie. Il marketing e la “comunicazione di relazione” valgono 12 miliardi. Se dunque l’indagine del Garante allargasse il suo perimetro a questi 12 miliardi, la posizione di Mediaset risulterebbe più leggera: diluita dentro un paniere più grande. Contro il tentativo dei 4 commissari, si muovono i tecnici del Garante che considerano sbagliato, quasi inaccettabile il nuovo approccio. In un parere di 14 pagine, i tecnici spiegano che il marketing e la “comunicazione di relazione” – il famoso oggetto misterioso – sono una realtà  distinta dal mercato classico della pubblicità . Esiste, ad esempio, una separazione in termini di «filiera produttiva». Come a dire: sono pere e mele. E poi, la forza di un editore nella raccolta degli spot ha un impatto sulla concorrenza perché nega a nuovi soggetti, ad altri editori l’ingresso nel mercato della tv. Viceversa l’attività  delle agenzie pubblicitarie (nel marketing e nella “comunicazione di relazione) non ha «alcun rilievo sotto il profilo» concorrenziale. Si tratta – ripetono i tecnici nel parere – di un comparto «irrilevante ai fini della tutela del pluralismo». Una posizione chiara che peserà  molto nella riunione del Garante, oggi sul tema.

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