Siria, via la legge marziale “Ma la protesta non si ferma”

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Una concessione e una restrizione: prima, ecco l’annuncio che la legge marziale, in vigore da 48 anni in Siria, è stata infine abrogata. Era la richiesta universale delle piazze siriane. Poi, l’appello del ministero degli Interni alla popolazione perché «si astenga da manifestazioni di massa e sit-in, viste le condizioni del Paese», per le «violenze», che il governo continua ad attribuire «all’ammutinamento armato di gruppi salafiti». In più, le dimostrazioni dovranno essere autorizzate dallo stesso ministero «come in America e in Europa». La notizia suscita un miscuglio di compiacimento e diffidenza. «E’ un passo positivo», dice Ahmad Huthaifah, 28 anni, veterano dei blogger siriani, noto come Abu El Kheir, “padre del bene”, anche per l’impazienza nell’accelerare la transizione verso la democrazia. «Una buona novella», spiega, perché assieme allo stato d’emergenza introdotto dal Ba’th dopo il golpe del 1963, scompaiono anche i tribunali speciali e, «in teoria», gli arresti arbitrari, gli abusi da parte dei mukhabarat, i servizi segreti, che Huthaifah conosce «troppo bene» per averli sperimentati. A poche ore dal suo rilascio dopo uno dei tanti arresti arbitrari – «m’hanno preso dopo la soffiata di un informatore presente a una conversazione in cui promuovevo il movimento di protesta», racconta; dopo tre settimane trascorse «bendato e ammanettato giorno e notte, accucciato sotto una coperta», il blogger spera: «voglio credere che ora tutto questo non possa ripetersi più. E’ così, ma per adesso solo sulla carta». Soprattutto, ricorda, il comunicato segue la repressione del sit-in pacifico a Homs, disperso nella notte coi lacrimogeni e, secondo alcuni testimoni, da colpi d’arma da fuoco. Difficile stabilire se vi siano stati o no morti: alcuni attivisti ne contano almeno tre. Il governo informa che a Homs un colonnello, un generale e tre suoi familiari sono stati uccisi e smembrati. Huthaifah insiste su «quanto abbiamo sofferto. Oggi possiamo dire, con ironia, che siamo “quasi” liberi. Infatti, bisognerà  vedere se la legge anti-terrorismo assomiglierà  o meno allo stato marziale, se la normativa sui partiti politici e la libertà  di stampa annunciate ieri verranno applicate. Allora capiremo se la nostra democrazia un giorno potrà  competere con le vostre». Restano, tuttavia, altri prerequisiti essenziali, incalza il blogger: «Se non verrano frenati i mukhabarat, se non saranno scarcerati i prigionieri politici, non potremo aspirare a tanto. Noi siriani condividiamo il sogno degli egiziani e dei tunisini, e in breve è questo: «Ridateci lo spirito politico, vere elezioni democratiche, le libertà  fondamentali. Il sangue che abbiamo versato ci autorizza a chiedere un risarcimento all’altezza del nostro sacrificio». Huthaifah conclude: «Il presidente ha riconosciuto a parole “la maturità  e la consapevolezza” del popolo siriano, la sua “prontezza alla libertà  e alla democrazia” con una virata di 180 gradi rispetto a quel che aveva detto tempo fa alla stampa straniera. Scopriremo se lui lo intende davvero. Nell’attesa, le manifestazioni continueranno».


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