by Sergio Segio | 27 Aprile 2011 11:49
ROMA – L’Auser ha presentato questa mattina a Roma la quarta rilevazione nazionale su enti locali e Terzo settore. Una ricerca per capire come cambia il welfare nel nostro Paese. I tagli inferti ai trasferimenti statali ai comuni ed una serie di riduzioni ai fondi sociali, infatti, per l’Auser stanno modificando profondamente il sistema delle Politiche sociali nel nostro Paese. Uno degli aspetti principali che emerge dalla rilevazione è che “per il 2011 si va verso un impoverimento dei servizi pubblici dei comuni o l’innalzamento delle tariffe dei servizi. I comuni puntano sempre di più sull’affidamento all’esterno dei servizi socio assistenziali, soprattutto alle associazioni, allo scopo di abbassare i costi con il ricorso al volontariato”. La ricerca ha passato al vaglio, per i primi 3 mesi del 2011, gli appalti comunali e i bandi per il reclutamento del personale. In molti casi si erogano le prestazioni sociali (ad esempio i centri estivi per anziani, i minori, ecc…) con contratti di collaborazione occasionale. Su 186 assunzioni esaminate riguardanti il settore dei servizi sociali, solo 24 sono a tempo indeterminato. Inoltre nella relazione fra enti locali e Terzo Settore ancora poche regole, poca trasparenza, scarsa programmazione ed efficienza, molta incertezza, senza contare i ritardi nei pagamenti.
La situazione. Prima di addentrarsi sugli esiti dell’indagine, l’Auser ha dunque delineato lo scenario attuale delle politiche sociali in Italia.
Il punto di partenza è la manovra della scorsa estate varata con il d.l. 78, che ha tagliato risorse alle autonomie territoriali per 14,8 miliardi di euro per i soli anni 2011 e 2012 (2,5 miliardi a regime per i comuni al di sopra dei 5mila abitanti). Inoltre, i Fondi nazionali per gli interventi sociali hanno perduto circa il 63% dei 1.472 milioni stanziati nel 2010. Infine, sollecitate dal Patto di stabilità le amministrazioni comunali hanno ormai intrapreso la strada del progressivo dimagrimento degli organici pubblici.
Per il 2011, i comuni in regola con i conti possono assumere solo entro il tetto di spesa del 20% delle cessazioni dell’anno precedente. Limitazioni sono state introdotte anche per il personale flessibile, le esternalizzazioni e i servizi fruiti in convenzione con il terzo settore e le altre imprese; del resto, il Patto di stabilità sollecita le amministrazioni a snellire anche gli uffici.
Ma non è tutto. “Il decreto sul federalismo municipale non inverte questa politica ma la conferma – sottolinea l’Auser -, con la variante che d’ora in avanti le amministrazioni comunali per autofinanziarsi potranno contare soprattutto su un margine di autonomia finanziaria più ampio (addizionale Irpef), piuttosto invece che su uno spostamento di risorse dal centro alla periferia, il Federalismo appunto. Tutto ciò porterà inevitabilmente a un ulteriore innalzamento della pressione fiscale per cittadini”.
L’Auser ricorda che il decreto sul Federalismo municipale prevede due fasi, di transizione (dal 2011 al 2013) e a regime (tra il 2014 e il 2017). Nella prima fase è previsto che lo Stato trasferisca ai comuni una serie di tributi erariali sul trasferimento e il possesso degli immobili, tra cui la “cedolare secca”, in sostituzione dell’Irpef sugli affitti. Questa devoluzione consentirà di spostare in periferia, secondo le stime del Copaff, circa 16 miliardi euro. Si tratta di risorse destinate a finanziare un nuovo “fondo di riequilibrio” in sostituzione degli attuali trasferimenti statali ai comuni, che ammontano a circa 13 miliardi di euro. Nell’ambito di tale operazione è previsto che lo Stato incameri la differenza (circa 2 miliardi, più l’accisa comunale sull’energia elettrica che ritorna adesso allo Stato). “Ciò significa che, nel 2011 i comuni riceveranno esattamente la stessa quantità di risorse che avrebbero ottenuto con il sistema vigente. La differenza è che in questa fase, le entrate comunali risulteranno fortemente decurtate rispetto alla situazione di partenza, in quanto la riduzione dei trasferimenti erariali disposta con il D.l. 78/2010 (1,5 miliardi nel 2011 e 2,5 miliardi dal 2012) contrariamente agli impegni non viene recuperata e l’introduzione della cedolare secca opzionale (per i proprietari di casa) produrrà per i comuni consistenti minori entrate rispetto all’attuale gettito Irpef sulle locazioni. In conseguenza, nel 2011 i comuni registrerebbero minori entrate per circa 2 miliardi di euro”.
E per l’Auser i problemi aumentano se si prende in considerazione il periodo a regime del Federalismo fiscale. “Nel 2014, infatti, i tributi erariali devoluti nel 2011 (eccetto la cedolare secca) dovrebbero in buona parte scomparire ed essere sostituiti dalla nuova “Imposta municipale unica”, l’Imu. Il gettito stimato per questa nuova imposta appare troppo sperequato sul territorio e variabile nel tempo per rappresentare un’adeguata fonte di finanziamento dei comuni”. Sempre secondo l’Auser, poi, il nuovo modello federalista manca di alcuni “blocchi” portanti, e in modo particolare della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
Ultimo nodo, il decreto sul Federalismo regionale, che per l’Auser “non attribuisce alle regioni maggiore autonomia e responsabilità ”. E per il 2011 la vera novità rimane il taglio del 63% ai fondi sociali. “In questo contesto, il welfare vive una stagione particolarmente delicata”.
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