Senato, arriva il “processo lungo” Camera, battaglia sulla prescrizione breve

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ROMA – Prescrizione breve alla Camera, processo lunghissimo al Senato. Il Parlamento stretto nella tenaglia delle leggi ad personam. Assalto finale della maggioranza per fermare magistrati e processi al premier, nel giorno in cui a Milano comincia quello sul Rubygate. A Montecitorio solo in serata prende il via la maratona sul ddl che più preme a Pdl e Lega: la prescrizione breve, destinata a tranciare due dei quattro processi a carico di Berlusconi. Per mezza giornata l’opposizione era riuscita a inchiodare l’aula con tre ore di ostruzionismo sul processo verbale. Ma è a Palazzo Madama che si consuma l’accelerazione inattesa. In commissione Giustizia viene approvato l’emendamento del capogruppo Pdl, Franco Mugnai, al ddl leghista sul “giudizio abbreviato” che allunga di fatto senza limiti il processo. Perché consente alla difesa di presentare elenchi di testi “infiniti”, prolungando così i procedimenti fino all’inevitabile prescrizione. Non solo. Prevede che una sentenza passata in giudicato non possa più considerarsi prova definitiva in un processo. Risultato: nel processo Mills, in cui il premier è imputato e prossimo a sentenza, la condanna già  a carico dell’avvocato inglese corrotto non potrà  essere usata come elemento di prova. Il senatore Mugnai non si scompone: «È una misura tranquillissima, non capisco la polemica. Chiunque conosca la norma sul giusto processo non può che condividerla». Dall’opposizione non la condividono affatto e si preparano, anche al Senato, alle barricate. «Per salvare il premier salveranno anche i delinquenti, ennesima vergogna ad personam» commenta il capogruppo Pd Anna Finocchiaro. «Ingannano i cittadini parlando di processi brevi, poi li allungano per non arrivare mai a sentenza» rincara Roberto Rao dell’Udc. A Montecitorio, dopo l’approvazione martedì del conflitto di attribuzioni, è andata avanti fino a notte, tra mille scintille, la seduta per l’esame del ddl sul processo breve. Approvazione finale prevista tra martedì e mercoledì per il testo che accorcia i tempi per gli incensurati e che proprio ieri il Csm ha bollato come «un’amnistia». Oggi sarà  battaglia su ogni votazione. Il premier Berlusconi lo sa e ha convocato il Consiglio dei ministri in un orario insolito, le 13,30, per permettere a tutti i ministri di essere a Montecitorio durante le votazioni. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno convoca per stamattina gli undici deputati e sei senatori vicini ai suoi circoli Nuova Italia, forti malumori della corrente dopo le dimissioni (non rientrate) del sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano. Alcuni ipotizzano l’astensione dalle votazioni di oggi, più una provocazione che una minaccia concreta. Da ventiquattr’ore alla Camera il clima è assai teso. Ieri mattina il centrosinistra è riuscito a inchiodare la maggioranza con l’ostruzionismo. L’escamotage è stato messo a punto dal giorno prima e intuito dal democratico Roberto Giachetti: dopo la lettura del verbale del giorno precedente, tutti i deputati citati hanno chiesto di poter intervenire per precisare il proprio pensiero lì sintetizzato. Il regolamento lo consente, i parlamentari citati una cinquantina, ognuno parla per cinque minuti. Al governo e alla maggioranza saltano i nervi. I capigruppo di Pdl e Lega, Cicchitto e Reguzzoni, attaccano a testa bassa il presidente della Camera Fini per aver consentito il filibustering: «È la conferma della sua parzialità ». Solo a ora di pranzo il verbale può essere approvato. In conferenza dei capigruppo Fini si impegnerà  a limitare d’ora in poi gli interventi sul verbale. Si supera lo scoglio, la maggioranza vota il rinvio in commissione della legge comunitaria e in poche ore approva quella sulla contabilità  dello Stato. Strada spianata adesso per il processo breve. In Transatlantico c’è il pienone. Bossi incrocia Bersani all’ingresso dell’aula: «Tu fai la guerra» dice il Senatur alludendo agli attacchi alla Lega. «Io sfido, non faccio la guerra» gli replica il segretario stringendogli la mano.


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