Scoprire un padre giornalista e guru

Loading

Il fascino di Terzani come punto di riferimento, come guru, risulta ingigantito dalla svolta che portò il giornalista fiorentino a distaccarsi dai suoi precedenti entusiasmi – la Cina comunista – e dallo spirito instancabilmente interventista e da prima linea – Saigon dopo la caduta americana, la Cambogia che si risvegliava dall’incubo di Pol Pot – per abbracciare, dopo la conoscenza dell’India, dell’Himalaya, della meditazione, una disposizione completamente nuova. Tanto nuova da spingerlo ad annullare il proprio nome e la propria identità , ad appoggiare ogni istanza pacifista in pieno dopo-Torri Gemelle (l’opposto di Oriana Fallaci), fino ad assumere anche nell’aspetto – barbone bianco, capelli lunghi annodati, abiti tradizionali anch’essi candidi – le vesti del distacco, della serenità , dell’attesa pacificata della fine, dicendosi convinto che la fine sarebbe stata un nuovo inizio. Il film, che è tedesco come di origine tedesca è la moglie di Tiziano, Angela accanto a lui dal liceo, e come tedesco fu il primo incarico in Estremo Oriente negli anni 60 (Der Spiegel), riproduce con fedeltà  ciò che accadde realmente negli ultimi mesi di vita di Terzani. Quando, ritirato nella sua casa sull’Appennino pistoiese, chiamò a sé il figlio Folco per raccontargli e dettargli la storia della sua vita. Che sarebbe diventata un libro (2006) e ora dà  anima e titolo al film. L’interesse maggiore sta nell’umanità  prorompente del personaggio (“indossato” dallo svizzero Bruno Ganz, mentre Folco è Elio Germano) e nell’emergere delle sue contraddizioni. Nel miscuglio di ruvido e di tenerezza tra padre e figlio: un figlio nato e cresciuto tra mille luoghi diversi al seguito dell’instancabile nomadismo, evidentemente in lotta con una figura paterna imponente, esigente, schiacciante. E poi contraddizione tra innamoramenti e delusioni che forse non basta l’indole generosamente sempre esposta, né ora l’ammetterle con la consueta esuberanza, a regolarle e superarle. E infine, contraddizione tra dichiarata volontà  di essere un altro rispetto al passato famelico di esperienze e, perché no, di ambizioni personali, tra dichiarata volontà  di abbandono all’eterno flusso della natura, e contemporanea volontà  che ci si ricordi chi è stato e che cosa ha fatto. Supponiamo che il film sia come è, più per necessità  di basso costo che per scelta di stile. È fatto solo di parole, è la messa in scena di un’intervista. Prezioso per i suoi contenuti, per far conoscere questa personalità  memorabile, ma molto povero e statico. Con il rischio di non attrarre e quindi di non riuscire ad assolvere al compito.


Related Articles

La critica d’oggi al filtro di Leopardi

Loading

Attraverso le riflessioni del poeta sulle pratiche dell’attività  letteraria, si colgono squarci della nostra modernità 

Un blocco sociale per il post-liberismo

Loading

PAMPHLET «Sbilanciamo l’economia» di Giulio Marcon e Mario Pianta. Il «soggetto» della trasformazione esiste, l’obiettivo è renderlo egemone nella società 

L’harem degli orientalisti un paradiso «coloniale»

Loading

L’immaginazione dei pittori vede le odalische dedite a oziose e lussuriose attività , ma la parte di casa «proibita» era destinata alla famiglia

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment