Salta il piano del governo per le nuove centrali nucleari

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ROMA — Un emendamento a sorpresa al cosiddetto decreto «Omnibus» in discussione in Senato. E le centrali nucleari sono sparite dalla geografia dell’Italia. Almeno per adesso. Con molta probabilità , intanto, dovrebbe essere cancellato il referendum sul nucleare previsto per giugno. E su questo le polemiche sono arrivate, a valanga: le opposizioni non hanno esitato a pensare che l’emendamento sia stato un trucco del governo per far fallire anche gli altri due quesiti referendari, quello sul legittimo impedimento in testa. I sondaggi di questi giorni indicavano che il nucleare avrebbe trascinato oltre il quorum anche gli altri referendum e hanno preoccupato non poco Palazzo Chigi. È successo ieri, verso l’ora di pranzo. A Palazzo Madama si stava per chiudere la seduta del mattino e l’emendamento del governo è arrivato a corredo dell’articolo 5 del decreto, quello che, subito dopo la tragedia del Giappone, aveva già  previsto una moratoria di un anno sul nucleare. L’emendamento nuovo dovrebbe invece mettere sul nucleare una pietra sopra, per sempre. «E adesso è importante andare avanti e guardare al futuro impiegando le migliori tecnologie disponibili sul mercato per la produzione di energia pulita» , si è affrettato a dichiarare ieri Paolo Romani, titolare del dicastero dello Sviluppo economico che è l’autore dell’emendamento, mentre Stefania Prestigiacomo, ministro per l’Ambiente, ha preferito ribadire: «La ricerca sul nucleare va avanti comunque, indipendentemente dalle scelte del Paese» . Le opposizioni hanno schiumato rabbia. In testa Antonio di Pietro, leader dell’Idv, il partito che ha presentato il testo sul referendum: «È un golpe» , ha tuonato. E poi spiegato: «Se il governo avesse deciso di rinunciare al nucleare non potremmo che essere felici. Invece con questo emendamento si posticipa soltanto l’individuazione delle località  in cui realizzare le centrali. E si vuole far fallire la partita referendaria» . Con Di Pietro anche l’indignazione del capogruppo a Montecitorio, Massimo Donadi e di quello di Palazzo Madama, Felice Belisario. Era stato Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, ad annunciare a Bruxelles questa svolta dell’esecutivo. E da Roma è stato invece il giovane ministro Giorgia Meloni ad accarezzare l’iniziativa: «La scelta del governo è la soluzione ideale. L’uscita dal nucleare è segno di libertà  e autonomia dalle lobby» . Dai banchi del Senato si è levata alta la voce di Francesco Rutelli, leader dell’Api: «Siamo contenti che il governo abbia voluto recepire un emendamento già  presentato dal nostro gruppo. Però sarà  importante ridiscutere tutto il decreto “Omnibus”, visto che questa scelta sposta il discorso di circa 30 miliardi» . Il decreto «Omnibus» dovrebbe essere approvato definitivamente stamattina, in Senato. E per diventare legge dovrà  andare alla Camera. Una legge che non convince gli Ecodem di Palazzo Madama, guidati dai senatori Pd Francesco Ferrante e Roberto Della Seta: «Quella del governo non è altro che una legge truffa, ma considerando che tutti i maggiori Paesi si avviano ad uscire dall’energia atomica questo trucco finirà  per essere il definitivo harakiri dei nostri nuclearisti» . Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, è convinto: «È con ogni evidenza che il governo sta scappando dalle proprie decisioni» , dice infatti prima di annunciare un’interrogazione al governo sulle energie rinnovabili, un piano che molti dubbi ha suscitato negli ambientalisti, Wwf in prima linea.


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