Rinviato il progetto di liberalizzare il mercato delle macchine: restano in pista Buick e Chevrolet

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È incredibile osservare come i loro pistoni scoppiettino ancora fasciati in carrozzerie d’epoca tirate a lucido e curate con la massima attenzione dai loro proprietari. I cubani fanno di tutto per tenerle in vita e fantastici meccanici hanno affinato l’arte di riparare pezzi dei motori inventando mille modi di riutilizzare quel che, inevitabilmente, si rompe. Anni fa ci fu perfino un manipolo di buontemponi che cercò di raggiungere le coste della Florida trasformando in un motoscafo la splendente carcassa di una Chevrolet del ‘59. I flash dei fotografi si sprecarono ma loro furono rispediti indietro dalla Guardia costiera americana che non ebbe pietà  nonostante la grandezza spericolata del gesto. Ora le vecchie auto d’epoca rischiavano di scomparire davvero dalle strade dell’isola. Tra le riforme discusse alla vigilia del Congresso del Partito ce n’era – secondo i rumors – anche una che avrebbe liberalizzato l’acquisto di auto nuove da parte dei cubani. Ma, per ora, è stata rinviata per l’opposizione del fronte interno al regime meno favorevole alla svolta economica voluta da Raul Castro. A Cuba oggi tutte le auto nuove possono essere importate soltanto dallo Stato. Anche gli stranieri devono comprarle dai concessionari di Stato e non possono rivenderle a privati. Neppure i cubani tra loro possono vendere o comprare auto. L’unico fornitore è un’agenzia del governo che le distribuisce ai cubani che lavorano nelle imprese straniere o hanno incarichi di un certo livello nell’amministrazione statale o nel partito. Da qualche tempo e grazie a Raul i cubani possono comprarsi un forno a microonde, un lettore dvd ed altre diavolerie capitaliste. Ma non un’auto. Su questo fronte del prossimo benessere il passo a qualcuno dev’essere sembrato ancora troppo lungo.


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