Rampl: “Geronzi non poteva rimanere ma il patto Mediobanca ora va rivisto”

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MILANO – Il presidente di Unicredit Dieter Rampl riceve di ottimo umore. Sarà  la primavera, o lo Schalke 04 “vendicatore” del suo Bayern, che l’Inter aveva punito ancora in Champions League. Sarà  anche l’archiviazione del primo tassello del Grande regolamento di conti iniziato con l’uscita di Cesare Geronzi da Trieste. E che continuerà  in Mediobanca – dove Piazza Cordusio è primo socio – con un chiarimento con quelli che lui chiama the French. Presidente cosa accadrà  in Mediobanca? Siete pronti a sostenere la parte di leader se in autunno il rinnovo del patto produrrà  rimescolamenti? «Abbiamo già  un ruolo di leader in Mediobanca, almeno nel capitale visto che siamo primo azionista con l’8,6%. E siamo in un patto che va al rinnovo a fine anno. Credo che tra i soci dovremo fare qualche discussione sul funzionamento della governance del patto Mediobanca». Quindi prevede cambiamenti dell’assetto basato sulla diarchia tra Unicredit e i francesi guidati da Vincent Bolloré? «Non ho detto questo, ho detto vedremo cosa succederà  ma penso che discuteremo. Nutro la stessa visione del nostro vice presidente Palenzona a riguardo: Mediobanca è il perno di Generali, noi il perno di Mediobanca». Cosa pensa di quanto accaduto a Geronzi? «Non voglio esprimere giudizi personali, mi limito a dire che se io fossi presidente di una compagnia e avessi contro anche solo metà  del mio board, prenderei la stessa decisione che ha preso lui». Lei sapeva del blitz in arrivo? Ne aveva parlato con i manager di Mediobanca? «Ne abbiamo discusso, ma questo è un argomento tra me e loro. Sono sempre in stretto e continuo contatto con azionisti e manager Mediobanca (di cui è vicepresidente, ndr). Forse non parlo tanto con i giornali di queste cose, in un paese in cui troppi parlano fuori delle riunioni ufficiali; ma sono perfettamente consapevole di quel che sta avvenendo». Sa anche che avrà  molto lavoro, quale garante dell’equilibrio del sistema Unicredit-Mediobanca-Generali, e che inizia una stagione di “chiarimento” con i francesi? «Certo che lo so. E sono pronto a essere garante degli interessi e degli equilibri migliori per Unicredit. Anche perché altrimenti ne avrei lasciato la presidenza». Non sono sopite le voci la vedevano dimissionario prima della scadenza di mandato, nel 2012. «Smentisco ancora che lascerò in anticipo la presidenza di Unicredit». E nell’aprile 2012 che farà ? «Chiedetemelo nell’aprile 2012». Ha un identikit per il prossimo presidente di Generali? «Ne parlerò nelle sedi competenti, come nel comitato nomine di Mediobanca». L’esplosione di molti dossier (come Fonsai e Parmalat) sembra trasformare Unicredit da banca “di valore” a “di sistema”. È vero? «Non mi risulta che Unicredit vada nella direzione di “banca di sistema”. Prendiamo Parmalat: noi siamo anche una investment bank, se possiamo partecipare a un accordo che aiuta la banca, bene. Questo non vuol dire che stiamo diventando “banca di sistema”. Come potrei difendere questa posizione in Italia e non in Polonia, Austria e Germania dove siamo leader di mercato?». Neanche comprare al doppio del valore i diritti dei Ligresti nell’aumento Fonsai è mossa “di sistema”? «Assolutamente no. Anzitutto Unicredit ha chiuso il rifinanziamento Ligresti con la prima offerta di Groupama ancora in essere. Poi la Consob s’è opposta, e noi abbiamo cercato la miglior soluzione per proteggere i crediti. L’acquisto dei diritti dai Ligresti è volto a far funzionare l’accordo complessivo. Tra l’altro, i francesi offrivano loro prezzi più alti. È stata una transazione puramente finanziaria». Ora Groupama medita di entrare in Fonsai. Come reagirete? «Dipende dal tipo di operazione. Ma siamo anche pronti a stare insieme a loro nel capitale». E se i francesi, ripensandoci, scalassero il gruppo Ligresti? «Non credo sarebbe un problema per noi». Non faccia troppo il “tedesco”. Nel portafoglio Ligresti ci sono quote di Mediobanca, Rcs, Impregilo, Pirelli che spostano gli equilibri, specie in Piazzetta Cuccia dove un asse Bolloré-Groupama-Ligresti potrebbe doppiarvi. «È difficile rispondere, in Italia c’è sempre il problema delle quote incrociate: ad ogni operazione sono inevitabili le ricadute su altre pedine. Se i francesi avessero il 15% di Mediobanca non sarebbe necessariamente un problema, dipenderebbe da come si comportano, da come lo gestiscono». L’Italia conosce una fase intensa di dirigismo, che ha per regista il ministro Tremonti. Cosa ne pensa? «Ci sono molte industrie strategiche che gli italiani dovrebbero difendere, come energia e difesa. Ma fatico a capire come Parmalat possa essere strategica. Tra l’altro importa il 50% del latte dalla Germania. Io resto un supporter del libero commercio e della democrazia economica, specie entro i confini dell’Europa». Qualcuno parla di ritorno dell’Iri. «Come prospettiva mi preoccupa un po’. Ma se nascesse un fondo quotato tra la Cassa depositi e prestiti e investitori istituzionali, banche comprese, per partecipare le imprese, sarebbe una buona idea “di sistema”. A patto che risponda al mercato e abbia manager e controllori indipendenti. Una cosa ben diversa dall’Iri, ma anche dalla Cdp, che risponde in definitiva al Tesoro. Forse il modello cui guardare è più la tedesca Kfw». Come vede le chance di nomina di Mario Draghi alla Bce? «Lo voterei subito perché mi pare assolutamente adeguato. Credo che anche i tedeschi si fidino, specie dopo i suoi recenti messaggi». Si dice che oggi in Unicredit il vero leader sia Palenzona, non lei o l’ad Ghizzoni. «Mi lasci dire che Ghizzoni sa come guidare la banca in totale indipendenza. Le nostre Fondazioni sono investitori di grande sostegno, sanno che la redditività  attuale e ventura delle banche non sarà  quella passata. Ho sempre detto loro molto chiaramente: avete il 15% di Unicredit, io ne rappresento la totalità , devo fare il mio mestiere per tutti gli azionisti. All’inizio è stato un po’ difficile, ma hanno compreso il messaggio». Intesa Sanpaolo ha presentato il piano industriale, e un aumento da 5 miliardi. Quando farete un piano voi? Comprenderà  l’aumento? «Decideremo in estate quando presentare il piano. Soddisfiamo i requisiti patrimoniali oggi richiesti da mercato e regolatori senza aumenti».


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