Quel volantino insieme all’esplosivo “No a tutte le guerre, alziamo lo scontro”

by Editore | 1 Aprile 2011 7:17

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FIRENZE – «Bisogna essere più efficaci, non lesinare con gli esplosivi e non aver paura di rischiare di far male a una segretaria quando l’obiettivo è uccidere il padrone». Così gli aderenti alla Federazione Anarchica Informale (Fai) discutevano fra loro nel dicembre 2006 sull’obiettivo di «alzare il livello dello scontro». Più esplosivo nei pacchi bomba. «Bisogna forzare sulla spettacolarizzazione delle azioni». Ieri a Livorno l’obiettivo di «alzare il tiro» è stato raggiunto. Il pacco, o più precisamente la grossa busta imbottita di plastica a bolle d’aria, indirizzato al «Comandante di Stato Maggiore della Brigata», ha devastato le mani e il volto di Alessandro Albamonte, il giovane tenente colonnello che proprio da ieri aveva assunto il comando della caserma Ruspoli e che rischia di perdere la vista a causa della deflagrazione e della fiammata che ne è seguita. La busta era imbottita di esplosivo, innescato a quanto sembra dallo strappo. All’interno è stata trovata, ancora leggibile, la rivendicazione firmata da una sigla riferibile alla Federazione anarchica informale e corredata dal messaggio sul livello d’alzare e sul rifiuto di tutte le guerre. La tecnica degli anarchici informali è in genere rozza ma efficace. Di solito riempiono i pacchi bomba di polvere pirica ricavata svuotando i petardi. L’accensione avviene con lo strappo della busta o della carta da imballaggio. Lo strappo fa congiungere due linguette di metallo, talvolta semplicemente realizzate con il Domopak. Una batteria o una minuscola lampadina completano l’ordigno. Il risultato è una piccola scintilla che fa esplodere la polvere pirica. Una busta simile a quella che ha ferito il colonnello Albamonte arrivò il 10 novembre 2003 alla redazione del Corriere di Viterbo, imbottita di 200 grammi di polvere nera. Per fortuna durante la spedizione era stata danneggiata e perdeva. Il giornalista a cui era stata inviata pensò subito a un attentato e avvisò gli artificieri. Ieri alla caserma Ruspoli sono arrivati gli specialisti del Ris per i rilievi e i Carabinieri dell’antiterrorismo per le indagini, che saranno coordinate dalla procura distrettuale di Firenze. La matrice anarco-insurrezionalista è confermata dagli altri due analoghi attacchi avvenuti nella giornata di ieri. Una lettera bomba è esplosa ieri mattina alle 8,15 alla Swissnuclear (la federazione dell’industria nucleare svizzera) a Olten. Due persone sono rimaste ferite. Un plico esplosivo, indirizzato al direttore del carcere di Kiridallos, è stato disinnescato ieri pomeriggio dai tecnici della polizia greca dopo essere stato intercettato dagli apparecchi di controllo delle carceri. Aveva francobolli delle poste italiane e il mittente risultava «Eurofor – via Aretina 354 – 50136 Firenze – Italia». È l’indirizzo, esatto, della caserma Predieri, sede del comando Eurofor, la forza di pronto intervento per le emergenze nel Mediterraneo. Il 7 marzo 1996 la caserma fu l’obiettivo di un attentato di matrice anarchica. A pochi metri dal portone venne collocata una scatola di cartone contenente due candelotti di esplosivo collegati con una bombola di gas da campeggio da cinque litri. La miccia era costituita da uno zampirone. Il triplice invio di pacchi bomba avvenuto ieri conferma i legami fra anarchici italiani e greci e l’ostilità  verso la Svizzera, dove è detenuto un anarco-insurrezionalista di rango come Marco Camenisch e dove il 15 aprile 2010 sono stati arrestati Costantino Ragusa, Silvia Guerini e Luca Bernasconi, legati al gruppo pisano Il Silvestre e accusati di preparare un attentato contro l’Ibm. Se la matrice anarchico-insurrezionalista sembra in questo caso incontrovertibile, un’altra caserma della Folgore a Livorno, la Vannucci, è stata presa di mira da un attentato rivendicato da una sigla opposta e concorrente: «Per il comunismo – Br». È accaduto il 25 settembre 2006, quando un borsone blu contenente un rudimentale mortaio fu piazzato davanti alla caserma. L’ordigno era costituito da un tubo metallico alla cui sommità  era stata piazzata una scatoletta di tonno riempita con 300 grammi di gelatina. Un militare riuscì a deviare la traiettoria del proiettile esplosivo. L’attentato è stato attribuito a tre presunti neobrigatisti.

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