Quarant’anni di battaglie
È paradossale che a quarant’anni di distanza dalla nascita del Fuori!, il primo movimento di liberazione omosessuale italiano, ci si debba ancora interrogare sulle cause che nel nostro paese si frappongono a quella modernizzazione del costume così come è avvenuta in quasi tutti i paesi dell’occidente democratico. Persino in quelli cattolici, forse anche più del nostro, come Spagna e Portogallo, o dell’America latina, i parlamenti hanno legiferato ristabilendo diritti e doveri uguali per tutti, cancellando quella discriminante basata sull’orientamento sessuale, che di fatto etichetta con una B le persone omosessuali. Riforme realizzate da governi progressisti come da governi liberal-conservatori, riconfermate e, in certi casi, anche ampliate nei passaggi da una maggioranza all’altra. In Spagna iniziò per primo il centro-destra di Aznar, con il riconoscimento legale dei rapporti di coppia, simile ai Pacs francesi, esteso poi dal centro-sinistra di Zapatero al matrimonio e all’adozione. In Gran Bretagna è stato invece il governo liberal-conservatore di Cameron ad accelerare il riconoscimento dei diritti civili ai gay, andando molto più in là di quanto aveva fatto il laburista Blair. Due esempi importanti, che aiutano a capire quanto il cammino verso la modernità può procedere andando oltre la tradizionale immagine di destra e sinistra, conservatrice la prima, progressista la seconda, quando entra in gioco il rispetto dei diritti umani. Ma in Italia no, se togliamo la felice parentesi delle riforme portate dalla cultura radicale degli anni ’70, siamo ancora il paese del “si fa ma non si dice”. Allora noi eravamo giudicati a destra degli sporcaccioni, dal centro clericale dei peccatori, dalla sinistra, per bene che andasse, delle “sovrastrutture borghesi”. Cos’è cambiato? Moltissimo, quasi tutto, ma pare che i nostri legislatori non se ne siano accorti, poco importa il colore politico del governo, tutti si sono presi ben guardia dal legiferare come hanno fatto quasi tutti i governi europei. Anzi, hanno fatto anche peggio, e dobbiamo dire grazie all’influente veto del potere vaticano (ignaro del contenuto !) se non sono riusciti a fare approvare una delle proposte di legge più offensive nei confronti delle persone omosessuali quali erano i Dico del duo Bindi-Pollastrini. In fondo la senatrice Binetti, entrata in parlamento nelle liste del centro-sinistra, non è molto diversa nella sua visione della vita (degli altri, non solo della propria) rispetto ai campioni dell’omofobia del centro-destra. La violenza che si è scatenata contro di noi può essere spiegata anche come il prezzo che dobbiamo pagare per avere raggiunto la visibilità , un traguardo che abbiamo conquistato con le nostre forze, come ho cercato di raccontare nel mio libro Un omosessuale normale. Se Paola Concia, con la sua compagna Ricarda, viene aggredita e insultata, se il ministro Carfagna deve difendersi dal fuoco amico dei vari Giovanardi, e, andando controcorrente, concede il patrocinio al festival del film gay di Torino negato dal governatore del Piemonte, ebbene, queste donne sono l’esempio di come deve essere condotta oggi la battaglia per la modernizzazione del nostro paese, fuori dai confini dei partiti, per cercare quel consenso indispensabile per arrivare alla approvazione di una buona legge. A questo obiettivo lavorano in Parlamento Fiamma Nirenstein, Sergio Rovasio con l’associazione radicale Certi Diritti, e Giacomo Deperu, che ha ideato per ArciGay la prossima campagna nazionale contro l’omofobia. Ci vorrà tempo. Non sarà domani, ma quel giorno arriverà .
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