by Editore | 16 Aprile 2011 7:21
TORINO – Tutti colpevoli: per il rogo della Thyssen in cui morirono sette operai è stato inflitto ai sei dirigenti imputati il massimo della pena. Oltre 81 anni di carcere, e quasi sette milioni di euro di risarcimenti. L’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale contestata per la prima volta in un infortunio sul lavoro ha retto alla severità della Corte d’Assise: Harald Espenhahn, l’amministratore delegato, è stato condannato a 16 anni e sei mesi di carcere. Non solo: interdizione a vita dai pubblici uffici e incapacità perpetua di trattare con la pubblica amministrazione. Il presidente della Corte d’Assise d’Appello Maria Iannibelli scandisce le parole, nel silenzio generale. La giuria popolare e il giudice a latere Paola Dezani hanno lo sguardo immobile e serio. Nell’incredulità di un’aula stracolma. Tredici anni e sei mesi, con l’accusa di omicidio colposo e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, per i quattro dirigenti, i consiglieri delegati Marco Pucci e Gerard Priegnitz, il direttore dello stabilimento torinese Raffaele Salerno, il responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri. La pena meno pesante è stata inflitta al responsabile dell’area tecnica Daniele Moroni condannato a 10 anni e 10 mesi. Per lui l’accusa aveva chiesto nove anni di carcere. Fanno da contorno le pene accessori come l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione. Arriva dopo due anni e tre mesi, 88 udienze, la sentenza più attesa. Storica nel suo genere, perché apre la strada a una nuova giurisprudenza per quanto concerne gli infortuni sul lavoro. Poco dopo le nove e di sera, in una maxi aula del Palagiustizia affollata come non mai, la Corte d’assise di Torino ha letto la sua storica decisione. Tutte le richieste dell’accusa sono state praticamente accolte: non solo per le condanne degli imputati, ma anche nei confronti della Thyssenkrupp, chiamata a giudizio come responsabile civile. Un milione di euro di sanzione pecuniaria, più 800 mila euro di confisca (“il prezzo del profitto, basato sul risparmio nella sicurezza”), ma anche l’applicazione di misure accessorie come il divieto di pubblicità per sei mesi, e l’esclusione da contributi politici, agevolazioni e revoca dei contributi già concessi” per altri sei. Gli avvocati della difesa rimangono basiti. I volti si fanno ancora più di pietra. La presidente della Corte Maria Iannibelli elenca per oltre dieci minuti il lungo elenco di risarcimenti alla parte civile, che vanno ad aggiungersi ai 12 milioni di euro che erano già stati dati ai familiari delle sette vittime. Un milione di euro al Comune, 500 mila alla Provincia, e 973 mila e 300 euro per la Regione Piemonte. Risarcite anche tutte le sigle sindacali 100 mila euro a testa, i parenti e gli operai. Per l’unico sopravvissuto alla strage del 6 dicembre 2007 Antonio Boccuzzi è stata disposta una provvisionale. Alle nove e venti di sera, la Corte d’assise lascia l’aula: il silenzio si rompe con un lungo applauso. Sorrisi ed abbracci tra i magistrati, accompagnati in aula dal procuratore capo Gianfranco Caselli, e da numerosi colleghi. «Non posso che dire grazie ai colleghi» si limita a dire il numero uno della Procura. Esulta, invece, il procuratore Raffaele Guariniello: «E’ il salto più grande di sempre in tutta la giurisprudenza in materia di incidenti sul lavoro. Questa pronuncia deve fare sperare i lavoratori e far pensare gli imprenditori». Guariniello ha sostenuto l’accusa insieme alle colleghe Laura Longo e Francesca Traverso. «Abbiamo fatto – ha detto Guariniello – un grande lavoro e tutte le nostre richieste sono state accolte. Ma una condanna non è mai né una vittoria né una festa. Se si potessero evitare questi processi sarebbe meglio». Guariniello ha concluso dicendo che questa sentenza «è un regalo che vogliamo fare al presidente della Repubblica».
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