“Romanzo Criminale ma ora lo giro dalla parte degli agenti”

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ROMA – Un viaggio tra gli uomini blu, i poliziotti della strada che più di altri sono a contatto con il degrado, con i rifiuti della società , con la violenza. È un mondo mai raccontato dall’interno se non parzialmente in un film americano che si chiamava Battle in Seattle, un mondo chiuso, settario, un clan». È A.C.A.B., il film che Stefano Sollima gira a Roma, tratto dal libro omonimo di Carlo Bonini (Einaudi), scritto da Daniele Cesarano, Barbara Petronio, Leonardo Valenti, prodotto da Cattleya, con Rai Cinema e la Baby Film francese. «Nel libro di Bonini si parte da una serie di interviste con gli uomini del Reparto Mobile di Roma e noi abbiamo integrato con un anno e mezzo di incontri e di ricerche, per cui i fatti raccontati nel film sono tutti veri. Per ragioni drammaturgiche abbiamo rimiscelato i personaggi, ma sono comunque persone che ho incontrato», dice il regista, al primo film per il grande schermo dopo il successo della serie tv Romanzo criminale. Un elemento forte del libro è Michelangelo Fournier, capo del VII nucleo durante il G8 di Genova, colui che al processo disse di aver fermato i suoi uomini definendo quello che aveva visto “macelleria messicana”. Fournier e i fatti di Genova nel film «sono leggermente modificati, perché quello di Genova è un evento eccezionale, avrei dovuto ricostruire la scuola Diaz e Bolzaneto, avrebbe condizionato il film. Per me è più interessante raccontare storie di ordinaria violenza urbana, che sono nella realtà  di tutti i giorni, toccano tutti noi». Però non poteva scivolare su un evento come Genova che in realtà  «è all’inizio del film, è il set up di tutta la storia e viene ricordato spesso, è presente come un’ombra, una macchia su tutto il reparto, che dopo il G8 è malvisto non più solo dalla gente ma anche dagli altri corpi militari». Secondo Sollima i fatti di Genova spiegano anche il titolo: A.C.A.B. è l’acronimo di All cops are bastards, (Tutti i poliziotti sono bastardi), un brano del 1979 del gruppo rock skinhead “The 4 Skins”, divenuto slogan internazionale. Il film copre l’arco di un anno tra il 2006 e il 2007, durante il quale tre poliziotti del reparto Celere – Piefrancesco Favino, Filippo Nigro e Marco Giallini – “adottano” il giovane Adriano, ribelle e coatto e lo educano alla strada. Nel cast anche Andrea Sartoretti, il “Bufalo” di Romanzo criminale, nel film l’ex poliziotto Carletto. Gli eventi della cronaca vanno dall’assassinio di Giovanna Reggiani, con lo sgombero dei campi Rom e la caccia al rumeno, la morte dell’ispettore Filippo Raciti a Catania e l’uccisione del tifoso laziale Gabriele Sandri. «Mi sono ripromesso di non avere nessun approccio ideologico nei confronti del materiale, ho evitato il giudizio buono-cattivo, giusto-sbagliato, mi sembrava più interessante cercare di capire il loro punto di vista, squarciare il velo di mentalità  che non conosciamo. Del resto non ci sono le coordinate dell’ideologia o del blocco politico in quello che avviene ogni domenica allo stadio. A Genova c’era l’ideologia, allo stadio c’è odio contro odio, c’è una guerra che si combatte furiosamente con feriti e caduti per motivazioni che sfuggono a entrambi gli schieramenti. È agghiacciante. Ne ho parlato con poliziotti e ultrà  e mentirei se dicessi di aver capito le loro ragioni». L’odio, che diventa xenofobia e intolleranza verso il diverso e si sfoga negli interventi nei Centri di Permanenza Temporanea, non ha neanche più connotazioni di classe. «La teoria corretta di Pasolini oggi è antica. Lui parlava di scontri tra studenti borghesi e colti contro poliziotti poveri e impreparati. Oggi non è più così. Parlando con ultrà  e poliziotti mi sono reso conto che ci sono coatti da entrambe la parti, ma in genere hanno la stessa età , la stessa estrazione sociale, molti sono laureati, hanno interessi musicali, parlano di cinema con grande conoscenza. Se togli l’uniforme al poliziotto e le insegne delle squadre agli ultrà , sono uguali, ma sono parte di un’umanità  impazzita. Un esempio. Abbiamo fatto le prove generali degli scontri allo stadio e c’erano poliziotti e ultrà , tutti figuranti, comparse e stuntmen che non si conoscevano tra loro. Alla pausa i poliziotti si sono radunati tutti da una parte e tutti gli ultrà  da un’altra. Si sono identificati con i costumi, hanno fatto immediatamente branco, gruppo chiuso». Più prevedibile per Sollima è stata la scoperta «che quasi tutti i poliziotti che ho incontrato sono di destra, anche se poi alcuni hanno il mito di Che Guevara. Una destra sociale, un credo che si manifesta con più o meno violenza nel blog interno al corpo, una valvola di sfogo, è uno dei capitoli più interessanti del libro di Bonini». A.C.A.B. non ha suscitato reazioni di nessun genere. «Non so come reagiranno al film, ma raccontiamo fatti veri, documentati. Giriamo indipendentemente dal Ministero degli Interni, in una caserma dei pompieri e i mezzi, le auto e le armi sono solo della produzione. Dal Ministero abbiamo bisogno dei permessi per girare, ma finora non ci sono stati problemi».


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