“Noi meglio di altri, non ascoltare i pasticcioni”

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WASHINGTON – Stop a «pasticcioni» e «chiacchieroni». Basta con le «cicale». «L’economia italiana è messa in modo molto diverso da come ce la raccontano i pessimisti in Italia». Fuori dai confini: «Non esiste un rischio del debito sovrano. Il blocco dell’Europa tiene». Il ministro dell’economia Giulio Tremonti parla in una pausa dei lavori del G20, subito dopo la foto di famiglia. Non è una conferenza stampa ma piuttosto un “incontro” rapido per lanciare questi due messaggi, uno interno, l’altro europeo. Perciò, di fronte alle polemiche nazionali sulla situazione del paese – l’affondo di Montezemolo, i rilievi della Banca d’Italia, le critiche dell’opposizione – sventola due grafici da cui risulta che «l’Italia ha fatto bene perché siamo persone serie». Anzi: «Gli italiani hanno fatto bene». Aggiunge: «Con altri più chiacchieroni e pasticcioni saremmo invece potuti finire male. Certo, abbiamo dei problemi e dobbiamo fare di più, ma lo stiamo facendo e lo vogliamo fare». Tremonti non chiarisce l’identità  dei pasticcioni. Però dice che da noi «c’è troppa gente che ha preso troppo poco sul serio la gravità  della situazione. E adesso c’è pure chi dice riprendiamo a fare le cicale. Purtroppo non è così. La realtà  è molto complicata. Ma ripeto: gli italiani sono seri ed è anche merito loro se nei calcoli e nelle proiezioni dell’Fmi l’Italia è messa come risulta dai documenti». Nella sua visione: i numeri del paese «non sono così negativi»; i grafici sulla performance nazionali sono «piccolini» in quanto ad aggiustamenti da fare per riportare il rapporto debito-Pil al 60% entro il 2030, come pure sulle spese per pensioni e sanità . Il ministro spiega che per ridurre il moloch del debito, (quota 120,3% del Pil secondo il Fmi) «hai due strade: tagliare la spesa pubblica e crescere di più. Ma occorre ridurre la spesa. Se pensi di alzare le tasse sei in corsia di sorpasso dalla parte sbagliata». «E’ evidente che i debiti sono saliti dappertutto; il nostro era il terzo ed è già  diventato il quarto perché la Germania ci ha superato ma sulla corsia sbagliata». Riconosce che sull’occupazione, il male oscuro dell’economia globale post-crisi (8,6% è il tasso italiano quest’anno) «si può fare di più». E lo stesso vale per la produzione che però «dipende anche dagli industriali». In ogni caso, «non possiamo pensare che tutto il meglio sia fuori dai nostri confini e che noi siamo il peggio». L’Italia, ma non solo. A Tremonti sta a cuore rassicurare sulla tenuta di Eurolandia, scossa dalla nuova crisi dei paesi periferici, Grecia, Irlanda e Portogallo. Ebbene, dal suo osservatorio «l’impressione è che il blocco dell’Europa tenga e che il rischio di contagio verso l’area del centro non ci sia». Nella sua analisi, le cause della crisi «sono diverse». In Grecia, «le difficoltà  sono complessive, di tipo amministrativo e di tenuta del bilancio» e dunque «poco sistemiche». In Irlanda invece la crisi «è finanziaria, molto bancaria, quindi più sistemica e meno domestica». In Portogallo «è una via di mezzo». Morale: «bisognerebbe riflettere su quali sono stati i criteri di ingresso nell’area euro». E la Spagna? «Ha reagito bene e attivato riforme. Si è staccata dall’area di rischio potenziale».


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