by Editore | 5 Aprile 2011 6:33
ROMA – «Più che una lottizzazione c’è stata la “totalizzazione”, perché le nomine che sono state fatte rispondono esclusivamente agli equilibri interni del governo al di là delle indubbie capacità delle persone scelte». Bruno Tabacci, deputato dell’Alleanza per l’Italia, già democristiano e udc, da sempre attento ai delicati rapporti tra la politica e l’economia, critica il metodo con cui l’esecutivo ha scelto i manager che guideranno per il prossimo triennio le aziende partecipate dal Tesoro. Non è una novità positiva il fatto che le presidenze di Eni e Enel siano state affidate a due cinquantenni, come Giuseppe Recchi e Andrea Colombo, in sostituzione di due settantenni? «Si tratta certamente di due manager di qualità ma la funzione dei presidenti sono poco più che decorative. Tanto è vero che per dimostrare il ricambio in Finmeccanica si dice che Guarguaglini resterà solo come presidente». La Lega ha giocato una sua partita importante in questa tornata di nomine. Secondo lei Bossi si è rafforzato o, al contrario, si è compiuta la normalizzazione del partito della rivolta nordista? «Tutta la spinta di rinnovamento che la Lega ha preteso di far passare in questi anni nell’opinione pubblica, si è rivelata davvero la montagna che ha partorito il topolino. Il tutto si è ridotto a una normalizzazione all’interno di una spartizione che conferma l’egemonia di questa maggioranza in termini di potere». Senza di fatto una politica industriale, come dimostra il caso Parmalat, i manager appena confermati saranno più autonomi o più deboli nelle scelte strategiche? «Saranno più fragili. Pensi anche al caso delle Autorità di controllo: secondo lei un presidente della Consob che viene direttamente dal governo è più autonomo? E il suo predecessore che è passato alla presidenza delle Ferrovie farà accrescere l’attrattività del sistema Italia agli occhi degli investitori stranieri?». Qual è il nome che manca nelle liste presentate dal Tesoro? «Mi viene in mente Francesco Caio. Ma sono molti manager di qualità che probabilmente non hanno alcuna voglia di farsi mettere addosso una maglietta. D’altra parte basta vedere in quale maniera maldestra è stata attribuita al prossimo amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, una sua presunta fedeltà leghista per il solo fatto di essere residente a Varese. Davvero poco rispetto per la sua caratura professionale». Lei è stato anche membro del consiglio di amministrazione dell’Eni. Era meglio nella prima Repubblica? «Beh, almeno c’era chiarezza. Il sistema delle Partecipazioni statali rispondeva al Parlamento. Ora, con tutto il rispetto, a chi rispondono i capi azienda: al dottor Gianni Letta?».
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