“In quest’Italia omofoba non mi arrenderò ai nemici dell’amore”

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«Se continua così finirà  che Ricarda mi lascia, le ho chiesto scusa… Meno male che è una donna super e capisce». Paola Concia è arrivata nella casa di campagna dove passerà  la Pasqua, e il cellulare non smette di squillare. «Mio padre ha 83 anni, mi ha chiamato subito. Ho ricevuto tanti messaggi di solidarietà  bipartisan… C’è anche Rosa Russo Iervolino, che cara Rosetta. Abbiamo sfilato insieme al Gay pride a Napoli… beh sì, eravamo buffe». La deputata del Pd sorride, ma dopo l’aggressione omofoba subita con la compagna Ricarda Trautman a Roma, a due passi da Montecitorio («Lesbiche di merda, nei forni crematori vi devono mandare»), sente più forte l’urgenza di denunciare. E fa un appello: «Aiutatemi a far approvare la legge contro l’omofobia: è pronta, ho presentato un testo unificato, la potremmo approvare in cinque minuti». Onorevole Concia, lei dice che Roma è cambiata… «Era accogliente, ora è molto peggiorata. Salta agli occhi. Mi dispiace ma su questo il sindaco Alemanno ha grande responsabilità , la città  si è incattivita, è diventata violenta e razzista. Del ragazzo che ci ha aggredito mi ha colpito l’atteggiamento, la consapevolezza di poterselo permettere». Però ha trovato la forza di reagire. «Ho reagito, sì. Ci mancherebbe: una donna lesbica che viene insultata deve abbassare lo sguardo? Se non reagisco io, che ho le mie sicurezze, non mi devo nascondere, ho una compagna meravigliosa, chi deve reagire?». Il clima è tremendo fuori, e dentro il Parlamento. «Come dice Ricarda, non è che in Germania razzisti e omofobi non ci siano. Ma ci sono le leggi: gli omofobi vengono perseguiti, chi invoca i forni crematori viene portato via dalla forza pubblica e denunciato. Invece nel nostro Paese il centro destra ha fatto scempio, alimentando la paura del diverso, chiunque esso sia. Commentavo con un’amica: Berlusconi dice di avere il 25% di lesbica, mi auguro che prevalga questa parte e faccia approvare la legge… Quel che mi preoccupa è l’altro 75%». Ileana Argentin, deputata disabile, è stata insultata in aula. «Non ci volevamo credere… È la stessa cosa. Ma capisce che l’intolleranza oggi è istituzionalizzata? Questo Paese va incontro alla barbarie. Diciamo come stanno le cose: al governo e in Parlamento c’è chi è tollerante verso razzismo e omofobia. Per questo poi c’è chi si sente autorizzato a insultarti, perché trionfa l’impunità . Il deputato del Fli Nino Lo Presti, che mi ha soccorso, l’ha detto: mi ha fatto male vedere la gente che attaccava Paola invece di difenderla». D’altronde l’inciviltà  è legata alla grandissima ignoranza. «Bisognerebbe cominciare dalla scuola. Ricarda è psicologa, mi dice che in Francia in Inghilterra l’attenzione è massima, educano la popolazione fin dai giovanissimi: “Questa cosa si fa, questa no”. Da noi è un disastro dal Nord al Sud. Il Parlamento è incapace di parlare di sessualità , se non attraverso il machismo». È andata in tv da Barbara D’Urso a parlare della sua omosessualità . «Lo rifarei, volevo rivolgermi a madri e padri. Non sono una snob e penso davvero che la mia missione, da quando sono deputata, è far arrivare alle persone il messaggio che l’omosessualità  è come l’eterosessualità . Da ragazza io l’ho vissuta male». Cos’è successo? «Negli anni 80 mi sono sposata. Ma a 17 anni mi ero innamorata perdutamente di una donna. Vivevo in Abruzzo, non è stato facile. Un amico di mio padre mi fece sentire brutta sporca e cattiva, perché io e questa ragazza non ci nascondevamo troppo. E da lì è cominciato un travaglio: la paura della mia omosessualità  non mi ha più abbandonato. Ma la sessualità  non la scegli, ha a che fare col desiderio profondo, l’amore: reprimerla è doloroso e crea squilibri». Si è sposata per la sua famiglia, o per provare? «Perché non ce la facevo ad accettare chi ero. Volevo bene al mio ex marito, era un bravo ragazzo, una persona dolcissima. Mi sono detta: ti ammazzo, cara omosessualità . È stato un disastro, e ho fatto soffrire anche lui. Quante volte gli ho chiesto scusa». E quando ha trovato la forza di essere se stessa? «Quando ho deciso di separarmi. Mi sono detta: “Posso pensare a una vita d’infelicità  a 26 anni?”. È stato un percorso faticoso, non voglio che i ragazzi rivivano quello che ho vissuto io. Ho fatto otto anni di analisi, mi sono sentita libera. Ho frequentato una donna sposata che non ce l’ha fatta, si è scoperta omosessuale da adulta. Accettarsi è il primo passo per essere felici».


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