“Da Parigi tira e molla senza senso se è così meglio fermare Schengen”

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ROMA – Incredulità , prima ancora che stupore. Il tono pacato del ministro degli Esteri Franco Frattini riesce a coprire a stento l’irritazione che in queste ore è di tutto il governo italiano. Quella porta di valico chiusa in faccia dalla Francia è solo l’ultimo strappo consumato da Parigi, che certo non rasserena il clima in vista del vertice del 26 aprile tra i due paesi. C’è la consapevolezza di un’ostilità  diffusa in Europa, rispetto alla quale però «siamo riusciti a farci sentire e a rimettere in carreggiata l’Italia» dice il capo della Farnesina. Almeno fino a quest’ultimo incidente. Ministro Frattini, avete chiesto chiarimenti alla Francia, parlando di «misure illegittime». I rapporti con Parigi mai così critici. Cosa sta succedendo? «Oggettivamente, non abbiamo capito perché questo tiro e molla dopo la decisione positiva da parte dell’Unione europea di accettare, come previsto dalle leggi comunitarie, i permessi temporanei di soggiorno rilasciati dall’Italia. Ormai da 48 ore i passaggi, accompagnati dai documenti di identità , venivano accettati dalla Francia». Poi cos’è accaduto? «Forse si sono resi conto che l’apertura avrebbe creato una moltiplicazione degli arrivi, perché è vero che la maggior parte dei tunisini vuole andare da loro. O forse i 300 no global che protestano a Ventimiglia avranno destato preoccupazione. Ma francamente, non è ragione sufficiente a giustificare la chiusura di uno degli assi transeuropei più trafficati e delicati. Il blocco è sorprendente. C’è qualcosa che vogliamo capire meglio». Blocco temporaneo, minimizzano le autorità  francesi. «D’accordo. Ma su quell’asse transitano decine di treni con migliaia di persone ogni giorno. Insomma, ogni interruzione crea comunque un danno alla circolazione, al turismo, all’economia». Qualcuno sostiene che quanto accaduto segnerebbe la fine di Schengen. «Se la situazione persistesse, allora si farebbe prima a dire che si volta pagina sulla libera circolazione, che è uno dei fondamenti dell’Unione. Ma siamo certi che la Francia chiarirà ». Prima il braccio di ferro sull’intervento in Libia, poi le scalate finanziarie, in ultimo lo scontro sui passaggi degli immigrati. Che ne sarà  del vertice tra i due governi, il 26 aprile? «Dopo l’iniziale apertura ai transiti, oggi una nuova ombra. Credo che Berlusconi e Sarkozy, noi ministri degli Interni, degli Esteri e dell’Economia dovremo uscire da quel vertice riaffermando la volontà  dell’Italia e della Francia di continuare a lavorare insieme, da paesi fondatori dell’Ue. Vale per l’immigrazione ma anche per la politica industriale, per le cosiddette scalate». Se la Francia non rispondesse alla vostra richiesta di chiarimento? «Alla vigilia del bilaterale non può accadere. La Francia sa che queste situazioni non si affrontano con tali chiusure». Forse la Lega che invita al boicottaggio dei prodotti francesi non vi aiuta. «Ma per carità . Sono polemiche e provocazioni che lasciano il tempo che trovano e alle quali poi Bossi riesce a mettere sempre la parola fine. Non serve minacciare azioni di questo genere». Ministro, non pensa che sull’immigrazione molti sindaci e governatori italiani si stiano comportando come le autorità  francesi? Porte chiuse, si arrangino gli altri. «Devo dire che l’emergenza immigrati pone le stesse problematiche del nucleare. Tutti vogliono affrontare la questione, ma non nel giardino di casa propria. Ognuno con le proprie ragioni. Ma una maggiore disponibilità  di tutti aiuterebbe, certo». Avvertite un’ostilità  dell’Europa? Una sorta di isolamento? «Le polemiche interne non giovano al nostro Paese. Ma abbiamo ottenuto un ruolo di primo piano nel comando Nato in Libia, organizziamo il 2 maggio il gruppo internazionale di contatto sull’intervento militare, abbiamo ottenuto il riconoscimento dei permessi temporanei. Diciamo che nonostante le difficoltà  siamo riusciti a confermare il ruolo che ci compete, a rimettere in carreggiata l’Italia».


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