by Editore | 5 Aprile 2011 6:30
parma – Tonna per la prima volta ripercorre con Repubblica, dall’inizio alla fine, il crac Parmalat e cioè il più grosso dissesto finanziario della storia economica italiana: 14 miliardi di “buco”, 132 mila investitori coinvolti, 32 mila costituitisi parte civile nel processo dove lui, l’ex direttore finanziario dell’azienda, è stato condannato a 14 anni di carcere (associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta). Possiamo iniziare dal film? (il Gioiellino, il film che racconta il disastro Parmalat e di cui il Tonna interpretato da Toni Servillo è, di fatto, il protagonista principale) «Parliamo di cose serie, per favore. Il film non l’ho visto e non lo vedrò. Da quello che mi hanno detto è una ricostruzione che non mi appartiene. Mai stato un ubriacone e mai preso decisioni al posto di Tanzi. Chi mi ha dipinto così ne risponderà al momento opportuno nelle sedi opportune». Ha sentito? Tremonti ha aperto la strada a un un fondo-cordata di investitori nazionali anti-Lactalis. Che ne pensa? «Il governo ha fatto bene a intervenire e poteva farlo anche prima. Anche per altre aziende. Parmalat è importante per l’economia italiana. Lo era anche prima del 2003». Già , prima della voragine. Bilanci truccati, bond fasulli, migliaia di risparmiatori sul lastrico. «Lavoravo 15 ore là dentro, secondo lei le trascorrevo tutte a truccare bilanci?». So che i giudici l’hanno a condannata a 14 anni (la procura ne aveva chiesti 9, ndr). «E’ stata calcolata male la mia responsabilità e, di conseguenza, la mia pena. Ho fatto 80 interrogatori per aiutare le indagini: senza di me – è stato riconosciuto anche nella sentenza – non sarebbe stato possibile ricostruire il crac». Resta il fatto che lei ha avuto delle responsabilità . «Sono l’unico che se le è assunte. Anche se, non avendo mai avuto deleghe, non ho mai deciso niente ma solo eseguito gli ordini di Tanzi. I miei avvocati hanno contestato l’associazione per delinquere. Escludo sia stata fatta di proposito. E’ stata la conseguenza di un crac industriale, non finanziario». Dove sono iniziati i problemi? «I primi investimenti sbagliati Tanzi li ha fatti alla fine degli anni ‘80 con la televisione (Euro tv, Odeon tv). Grosso indebitamento, fornitori pagati male, erosione della redditività aziendale. Nel ‘90 arrivano la quotazione in Borsa e l’aumento del capitale: ma avevamo una struttura di distribuzione troppo costosa. Servivamo 140mila piccoli negozi ma nella grande distribuzione non eravamo competitivi. Il contrario rispetto alle tendenze del mercato. Ecco la conduzione industriale dissennata». Poi che è successo? «A un certo punto sia la proprietà (Tanzi, condannato a 18 anni, ndr) che la direzione generale (Domenico Barili, condannato a 8 anni), hanno deciso che non volevano uscire coi bilanci in perdita. Che bisognava fare determinati aggiustamenti. Per sbianchettare abbiamo usato anche il pennello. E così via via fino alla cosiddetta “discarica”, la bond-lat». Ci spieghi i bond tarocchi. «Nel prospetto informativo dei bond avevo fatto scrivere che non potevano essere venduti al pubblico. Ho anche i documenti, glieli posso mostrare». E perché sono stati venduti? «Lo deve chiedere alle banche». Mentre i risparmiatori venivano truffati, voi ripulivate i bilanci coi magheggi. «Tutto veniva deciso da Tanzi. Io non ho mai avuto uno straccio di delega. Se potessi risarcirei tutti gli investitori fino all’ultimo euro. Ma non ho più niente, mi hanno tolto tutto». Qualcuno sostiene che il vero acrobata finanziario era lei. «Sono entrato in Parmalat come impiegato nel ‘72 e ho dato le dimissioni come direttore finanziario a marzo 2003. Poi sono restato come consigliere del presidente. Ma Tanzi non si lasciava consigliare da nessuno». Quali sono stati gli errori di Calisto? «Si è lasciato coinvolgere in attività dispersive per le quali occorreva un’esperienza che non aveva. Il turismo, il calcio, l’informazione». E i soldi ai politici? «Se li ha pagati, li ha pagati male. Perché nessuno lo ha mai aiutato». Anche Berlusconi gli rispose picche quando andò a chiedergli una mano. «Ho saputo di questo incontro – credo del novembre 2003 – dagli interrogatori. Tanzi incontrò a Roma i vertici delle prime quattro banche italiane. Deduco che non gli abbiano concesso nessun aiuto. Loro, le banche, alla fine ne escono sempre bene… ». Come pensava di cavarsela Tanzi? «Sperava nell’intervento di una persona che – diceva lui – aveva migliaia di miliardi e sarebbe intervenuta riportando liquidità . Ma o questa persona millantava oppure Tanzi si è fatto illudere». L’ha più visto, Calisto? «In tribunale ha provato a attaccare bottone ma non l’ho nemmeno guardato. Non voglio avere rapporti con chi non è capace di assumersi le proprie responsabilità . Io non ho mai scaricato sui miei sottoposti. Non è leale. E’ da vigliacchi». Il Tonna di oggi appare una persona decisamente meno impulsiva rispetto a quella che, nel 2004, all’uscita del tribunale di Parma, augurò ai giornalisti e ai loro familiari «una morte lenta e dolorosa».
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