“Basta con questo inaccettabile immobilismo” così Emma spezza l’asse con Palazzo Chigi

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 C’è molto di più della denuncia della solitudine degli imprenditori in uno scenario internazionale sempre più complicato e sempre più denso di incognite, dove un’Europa priva di identità  rincorre confusa gli eventi. Non è più una crepa quella che si è frapposta tra la potente lobby degli industriali e il governo Berlusconi-Tremonti. E’ di più. E’ la fine di una forma tacita di collaborazione che dall’inizio della legislatura ha prodotto poco più di nulla se non tante, tantissime, promesse: la riduzione delle tasse, i nuovi incentivi alle imprese, il rilancio degli investimenti e delle politiche a sostegno del Mezzogiorno, le riforme istituzionali. Parole. E le Assise di Bergamo (le precedenti risalgono al ‘92, al tempo di Tangentopoli e delle finanze pubbliche a un passo dal baratro) senza nessun politico, e cui guarda con interesse il Presidente Giorgio Napolitano, possono rappresentare una svolta, un cambio di strategia: dal disincanto alla celebrazione del distacco dal governo del centrodestra, quello del «collega» Silvio Berlusconi. Niente più rivendicazioni da sindacato dei padroni ma una nuova agenda per il paese, scritta dagli industriali al posto del governo. Una forma inedita di supplenza. «Non ci può rassegnare all’idea – sostiene la Marcegaglia negli incontri a porte chiuse nelle sedi territoriali della Confindustria – che il nostro paese non possa crescere oltre l’1 per cento, mentre la Germania punta al 3,5 e il premier inglese Cameron mette a punto un piano per la competitività  dell’Inghilterra. Noi siamo preoccupati. Questo immobilismo è inaccettabile. Ma ci rendiamo conto – ripete – che con un Pil che non va oltre l’1 per cento non solo non creeremo nuova occupazione, ma non riusciremo nemmeno a riassorbire i lavoratori ora in cassa integrazione? E i precari? Pensiamo di risolvere il problema con le sanatorie? Il lavoro sta diventando un’emergenza sociale colpevolmente sottovalutata». Secondo la presidente della Confindustria anche dall’opposizione parlamentare «che sui temi dell’economia non incalza come dovrebbe il governo». Una politica immobile, che sta perdendo il contatto con la realtà , con i bisogni delle imprese e del mondo del lavoro, con la velocità  dei cambiamenti. Le liberalizzazioni sono scomparse dalla discussione politica mentre si riaffacciano forme di protezionismo nazionale. Il decreto per bloccare la scalata dei francesi di Lactalis su Parmalat è un ritorno al passato. «E così – dice Marcegaglia – gli investitori stranieri si allontaneranno ancora di più dal nostro paese». La difesa dell’italianità  produce consenso al governo ma è il contrario delle politiche per lo sviluppo. In Confindustria stanno ancora aspettando il Piano nazionale per le riforme. Questa dovrebbe essere la settimana della verità . Giulio Tremonti aveva ignorato la frustrata annunciata dal premier Berlusconi. Dagli uffici del ministero dell’Economia aveva fatto trapelato ciò che bastava per raffreddare gli entusiasmi del leader e dei suoi cantori: «Conta solo quello che si fa in Europa». Ora – dopo la propaganda di Palazzo Chigi – tocca al superministro: il piano da presentare a Bruxelles dovrebbe essere pronto. Confindustria aveva anche scommesso su Tremonti. Aveva costruito un collegamento privilegiato. Ma il bottino è rimasto magro. E ora il ministro mal sopporta l’opposizione degli industriali al decreto per salvare l’italianità  della Parmalat. «Il piano per le riforme? Per quanto ne sappiamo non c’è nulla», dicono nella sede della Confindustria. Sembra davvero l’ennesima occasione sprecata: la conferma della detassazione del salario di produttività , un pacchetto di richieste all’Europa per forme di tassazione agevolata al Sud destinato a essere bocciato dai commissari di Bruxelles, un’accelerazione per gli investimenti sempre nel Mezzogiorno, un po’ di opere di edilizia scolastica. Pensare così di fare concorrenza alla Germania o addirittura a Brasile, Russia, India e Cina è velleitario oppure può essere una scelta: quella di rassegnarsi a un progressivo declino. «Ciò che non vogliamo», ripete Marcegaglia. «Noi imprenditori non ci siamo rassegnati. Il mondo è pieno di opportunità . Non abbiamo alcuna intenzione di rinunciare al nostro ruolo. Ma nel nostro paese ci sentiamo soli. Mai come adesso».


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