by Editore | 4 Aprile 2011 7:05
ROMA – «Alfano è arrogante come Berlusconi e servile a Berlusconi». Dunque si scordi il confronto, il «fumoso» dialogo. «Quando annunciò la sua epocale riforma della giustizia – ricorda Pier Luigi Bersani – dissi che entro 15 giorni saremmo tornati alle leggi ad personam. Da martedì voteremo una prescrizione costruita su misura del premier e sul fatto che Ruby è la nipote di Mubarak. Più chiaro di così». È allarmante anche l’appello alla piazza del ministro della Giustizia? «Mi allarma innanzitutto l’immagine di Alfano come emerge dall’intervista a Repubblica. Un ministro impastato di arroganza e servilismo. Un ministro che tradisce il suo mestiere e ha uno stile sartoriale perché adatta sempre i suoi provvedimenti ai voleri del capo. Quanto alla chiamata del popolo è un’affermazione sconsiderata. Ma lo avverto: è difficile arrampicarsi sulle piazze quando ci si arrampica sugli specchi». Il Pd, rifiutando ogni confronto, rischia di apparire conservatore e succube dei magistrati. Ha messo in conto gli effetti negativi di questa posizione? «Non siamo il partito dei giudici. Anzi, siamo pronti a disturbare i magistrati in nome di un servizio più efficiente per i cittadini come persino Alfano può arguire leggendo le nostre proposte di legge. Ma la riforma costituzionale ha un punto essenziale che è inaccettabile: dà alla politica un potere improprio nell’esercizio della giustizia. Contro questo e contro le leggi ad personam combatteremo in Parlamento e nelle piazze». Il Guardasigilli è convinto che il vostro no sia dettato dalla fretta. Per molti dirigenti del Pd, dice, il tempo è quasi scaduto. «Faccia bene il suo mestiere e queste cose le lasci dire al suo capo». Sicuro che il Pd riuscirà a reggere senza fratture il doppio binario in piazza e in Parlamento? «Sarebbe una novità davvero singolare che un grande partito popolare dicesse no alla piazza o no alle aule parlamentari. Non conosco partiti popolari che si facciano di questi problemi». Ma nel Pd qualcuno invoca l’Aventino e qualcun altro teme scivolamenti verso il dipietrismo. «Allora chiariamo. Noi combattiamo in Parlamento. Lo rispettiamo e non l’abbandoniamo. Poi ci sono le tattiche parlamentari. Ma Aventino è una parola grossa. Significa andare via dal Parlamento, non uscire dall’aula in certe occasioni». E la piazza? I vostri potenziali alleati capiranno? «Noi vogliamo avere un colloquio diretto con i cittadini che a loro volta hanno voglia di essere protagonisti. Martedì saremo al Pantheon. Poi, le notti bianche sulla scuola diventeranno anche per la democrazia. I manifesti contro la Lega tappezzeranno il Nord. I cittadini sono parte di questa battaglia. In modo democratico e civile. Non siamo noi quelli delle monetine». Lei chiede le elezioni anticipate. Sotto sotto non pensa ancora a un governo tecnico? «Ho detto e ripeto: qualsiasi soluzione è migliore dello sfascio attuale. Ma dopo il 14 dicembre e la scesa in campo dei mitici responsabili – che hanno creato un cestino dove si mettono le uova che puoi comprare ovunque – il governo di transizione più che indebolito è tramontato. Per questo dico: si vada subito al voto. Non è una forzatura, basta guardare agli ultimi mesi. Il governo ha prodotto la scossa all’economia finita in un comunicato stampa, la riforma epocale della giustizia invece siamo sempre intorno a Ruby, la posizione ambigua sulla Libia, Parmalat, Edison e tutta la moda che volano verso l’estero». Sull’arrivo dei profughi il governo sbandiera il successo dei trasferimenti da Lampedusa. «Invece è un disastro. Noi abbiamo avanzato una proposta. A Tunisi Berlusconi chieda di bloccare i flussi. A chi è già qui si dia lo status temporaneo per circolare in Europa come è successo ai tempi del Kosovo. No alle tendopoli, sì all’accoglienza diffusa. Ma se lo spettacolo è che ogni mattina un ministro dice solidarietà e l’altro fora di ball, allora fanno da soli». Condivide l’idea di Tremonti: frenare lo “shopping” in Italia con una nuova Iri? «I buoi sono scappati e loro hanno dormito per due anni. La nostra posizione è chiara: non si possono allestire strumenti pubblici senza avere uno straccio di idea sulle politiche pubbliche. Quando ero all’Industria proposi degli indirizzi di politica industriale. Il governo faccia lo stesso e siamo pronti a discuterne. Ma faremo una battaglia dura contro ipotesi di Iri o Mediobanche organizzate nella versione del sistema di potere». Proprio martedì e mercoledì al Senato si decide sull’arresto del senatore Pd Tedesco. Alcuni democratici vorrebbero votare contro. Rischiate un cortocircuito con le piazze anti-Berlusconi? «Ho detto ai senatori: leggete bene le carte e fatevi un vostro legittimo convincimento perché in ballo c’è la libertà personale. E sappiate che il partito non ha niente da tutelare». Lei come voterebbe? «Bisognerebbe conoscere bene gli atti giudiziari. Ma posso dire che il Pd ha a cuore un profilo di assoluto rigore». Ad appena 51 anni Zapatero annuncia che non si ricandiderà alle prossime elezioni. Un fenomenale spot per il rottamatore Renzi. «Penso esattamente il contrario». In che senso? «È una straordinaria pubblicità alla nostra idea di leadership». Come dice? «Dopo due legislature è assolutamente necessario un ricambio del leader». Il vostro album di famiglia è sempre lo stesso da decenni. «Ma la differenza con l’esperienza spagnola e con altre, non è il ricambio, è la stabilità . Le maggioranze sono garantite per un’intera legislatura e questa garanzia viene dai partiti non dal ghe pensi mi». Il nuovo può essere Montezemolo? «Ho trovato positivo il suo appello alle classi dirigenti e agli imprenditori che conoscono benissimo il crollo di credibilità dell’Italia nel mondo. Lo dico da tempo: chi tace oggi come potrà parlare domani?». Quindi tifa per un suo impegno in politica? «Tutto quello che mette nuova energia nella cosa pubblica è benvenuto. Purchè sia chiaro un punto. Il tramonto di Berlusconi deve coincidere con la fine di un’illusione: una sola persona non ha la bacchetta magica. Il Pd vuole innovare, riformare le istituzioni e i partiti. Ma proprio per avere sia le istituzioni sia i partiti. È il tempo di leadership che siano dentro un collettivo. Solo in Italia si pensa che i problemi si risolvono con la scelta di una singola persona».
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