Presidente, le bombe no

by Editore | 27 Aprile 2011 5:57

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De minimis non curat praetor, si diceva una volta. Il dissenso, netto e rispettoso, è sulla sua approvazione dei bombardamenti dell’aeronautica militare italiana in Libia, poco prima decisa (dopo un po’ di incertezze) dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che fino a qualche mese fa aveva avuto scambi di abbracci e baci con il cattivo Muammar Gheddafi. Era necessario da parte del Presidente della Repubblica questo esplicito consenso? Forse, ma è un consenso che non ci persuade, anzi respingiamo. In Libia si era aperta una rispettabile guerra civile, animata dalla gioventù araba – come in Tunisia e in Egitto -, anche se in condizioni più difficili e incerte per l’antica divisione tra Tripolitania e Cirenaica. C’è stata, su sollecitazione esplicita della Francia di Sarkozy, la disposizione dell’Onu che autorizzava la no fly zone. Il governo italiano aveva aderito fino al punto di mandare istruttori in Libia, ma rifiutava (sempre il governo Berlusconi) i bombardamenti, che, di solito, fanno morti. Pochi giorni fa, dopo una telefonata di Obama a Berlusconi, il governo italiano ha deciso di dare via libera ai bombardamenti. La guerra che fa morti è tutto tranne che umanitaria. Caro Presidente, proprio il giorno prima aveva celebrato la nostra Costituzione, nella quale è nettissimo il rifiuto della guerra. Perché ha cambiato giudizio? E’ qui il nostro dissenso. Ove poi si volesse insistere su l’intervento umanitario (anche se con le bombe) perché le potenze occidentali, e anche l’Italia, non hanno deciso di intervenire in Siria, dove i massacri sono sulle pagine di tutti i giornali? Perché questa concentrazione solo e soltanto sulla Libia? E’ un interrogativo più che legittimo. Va aggiunto che la stampa internazionale ha notato, con rilievo, questa eccezione libica. Perché solo in Libia e non in Siria, nello Yemen, in Barhein (dove è intervenuta l’Arabia saudita contro gli insorti)? In una situazione così contraddittoria ci domandiamo perché il Presidente della Repubblica abbia sentito la necessità  di pronunciarsi a favore dei bombardamenti italiani in Libia. Trovare una risposta ragionevole e democratica è proprio difficile.

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