Più di un mese per sbrigare le pratiche fiscali il lavoro “perso” da artigiani e piccole aziende

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ROMA – Più di un mese di lavoro all’anno perso per colpa della burocrazia, 258 ore che se ne vanno non per produrre reddito, ma per saldare i 15 pagamenti dovuti al fisco italiano. Le piccole imprese hanno sempre vissuto male il rapporto con lo Stato e con gli adempimenti, i balzelli, i controlli, le autorizzazioni e le carte bollate di varia natura che l’amministrazione pubblica chiede loro. Ora questo malessere si è tradotto in cifre ed è misurabile. Il rapporto della Cgia di Mestre – che parte dai dati della World Bank/Ifc – si spinge a definire «eroica» la categoria dei piccoli imprenditori, degli artigiani e dei commercianti, così vessata. In particolare, il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi parla di «fisco opprimente e burocrazia ottusa. Lavorare in queste condizioni costringe gli imprenditori italiani, soprattutto i piccoli, ad operare con livelli di eroicità  non riscontrabili in nessuna altra parte dell’Europa occidentale». Partiamo dalla definizione di piccola impresa: per la Ue sono quelle che occupano meno di 250 persone e che hanno un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni oppure un bilancio che non supera i 43 milioni. Nell’Europa a 25 corrispondono a queste caratteristiche 23 milioni di aziende, che danno lavoro a 75 milioni di persone e rappresentano il 99% di tutte le imprese. La Cgia calcola che le piccole imprese italiane, per assolvere ai quindici diversi pagamenti richiesti dal italiano, consumino 258 ore di lavoro l’anno e versino una quota pari al 68,6 per cento degli utili realizzati. Se invece il calcolo viene fatto dal versante del lavoro, gli artigiani assicurano che il costo medio della burocrazia per addetto è di 1.200 euro l’anno, 1.500 se l’azienda ha meno di 15 dipendenti. Da qualsiasi punto si vogliano leggere le cifre, la situazione dell’Italia è perdente: negli altri Paesi europei si paga di meno. Se la percentuale delle tasse sugli utili per le piccole imprese tricolori supera il 68 per cento, in Francia è al 65, in Germania al 48, in Gran Bretagna al 37. Una battaglia sulla competitività  impari, che penalizza ancora di più le aziende che si affacciano sui mercati esteri. L’unica nota positiva è che la Germania ha un numero di adempimenti fiscali superiore al nostro: loro 16, noi 15, le altre Nazioni europee tutte dai 9 in giù. Un problema, quello della burocrazia, che la categoria denuncia da anni. Confartigianato, riprendendo la graduatoria della Banca Mondiale, ricorda che l’Italia si colloca al 78esimo posto nella classifica dei Paesi che facilitano la vita alle aziende, e al 29esimo se si prendono in considerazione le prime trenta economie. Peggio di noi solo la Grecia. Di certo non aiuta il rapporto che le gli enti locali hanno con la tecnologia: nel 2010 risultava che solo 274 amministrazioni su un totale di 8.583 era in grado di offrire servizi web con piena interattività . Restando ai Comuni, solo il 3 per cento sul totale.


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