Perù: porte aperte agli OGM?
Frutti di tutti i tipi, mais di ogni forma e colore (persino viola), oltre duemila varietà di patata, migliaia di piante medicinali fanno del Perù uno dei paesi più biodiversi del pianeta. Dagli altipiani alla costa, dalle Ande alla Foresta Amazzonica.
L’agricoltura contadina caratterizza da sempre la cultura e l’economia nazionale. Negli ultimi dieci anni, la produzione ecologica certificata è quadruplicata, gli ettari di terreno destinati alla coltivazione organica cresciuti di sei volte; le esportazioni di prodotti biologici generano oggi un valore di oltre 220 milioni di dollari, contro i 30 milioni dell’anno duemila; il mercato interno è in continua crescita, attraverso le sempre più numerose fiere ecologiche.
Ma se la natura offre, spetta all’uomo conservare. Il Perù ha rappresentato sino ad oggi un paese all’avanguardia per quanto riguarda la protezione e la valorizzazione del proprio ambiente biodiverso, grazie allo sforzo degli stessi agricoltori, di alcune ong quali PerຠEcolà³gico e di una linea di governo ben chiara, frutto del lavoro congiunto del Ministero dell’Agricoltura, quello dell’Ambiente e quello della Salute.
Un recente regolamento rischia però di compromettere tutto. È di questa settimana la notizia del via libera, da parte del Ministero dell’Agricoltura, alla produzione e commercializzazione di prodotti geneticamente modificati all’interno del paese, attraverso il Decreto Supremo 003-2011-AG.
Un regolamento che di chiaro ha solo la potenziale pericolosità . Per il resto, sembra che molti aspetti non quadrino nell’improvviso cambio di condotta del Governo peruviano. Il dossier inviato dal Ministero dell’Agricoltura alla segreteria della Presidenza della Repubblica parla di una decisione frutto del lavoro congiunto con il Ministero dell’Ambiente e la Piattaforma Perù Libero dai Transgenici, ma i due soggetti negano espressamente di essere stati coinvolti nella scelta finale. Più che sospetta, inoltre, la recente nomina “con efficacia anticipata” di Alexandre Grobman Tversqui come consulente dell’alta direzione del Ministero dell’Agricoltura. Grobman riveste al contempo la carica di presidente di Peràºbiotec, organizzazione che promuove l’ingresso di sementi geneticamente modificate nel paese e presiede la giunta direttiva delle imprese Semillas Penta del Perù e Productora Agràcola del Campo. Un conflitto di interessi neanche minimamente celato.
Ma se colossi come Monsanto e Dupont si sfregano le mani iniziando a fare i conti sui futuri introiti, le associazioni contadine, i piccoli produttori, il settore sanitario, il mondo accademico, le ong, il comparto della gastronomia, le associazioni di consumatori e la società civile in generale giurano di dare battaglia.
La Confederazione Nazionale Agraria, che rappresenta i piccoli-medi agricoltori, ha emesso un comunicato ufficiale dove si dichiara come “ le migliaia di contadini che producono oltre il 60% dei prodotti alimentari del paese saranno altamente danneggiati da questo decreto, che pone fine all’agricoltura su piccola scala ed implica un utilizzo intensivo di terra ed acqua”. Secondo la ong PerຠEcolà³gico “lo sprigionamento di polline tossico generato dalle sementi transgeniche comprometterà la nostra biodiversità ”.
Anche il rinomato chef peruviano Gastà³n Acurio, un’autentica icona in tutta l’America Latina, è sceso in campo in difesa della diversità biologica. “Se esiste anche un minimo dubbio che il via libera alla commercializzazione di OGM possa danneggiare la nostra biodiversità , è nostro dovere opporci. Siamo a favore di una politica di sviluppo della nostra agricoltura organica, che rappresenta un immenso vantaggio competitivo nel mondo. L’agricoltura transgenica non è parte della nostra realtà , siamo a favore di un dibattito che difenda l’interesse di tutto il Perù, anziché altri interessi particolaristici”.
Mentre l’Associazione Nazionale di Produttori Ecologici denuncia la mancanza di un dialogo aperto e sincero da parte del Governo centrale, le municipalità di Lima, Loreto, Ayacucho, Cusco e altre ancora giocano la carta della disobbedienza, con l’emissione di un’ordinanza con la quale si dichiarano “zone libere dai prodotti transgenici”. Nel frattempo anche la società civile è scesa in piazza, puntando dritto al ritiro di un decreto lesivo dell’agricoltura tradizionale, la gastronomia, la salute, l’ambiente e la sovranità popolare. Senza contare l’eventuale danno economico per i piccoli-medi produttori, che non potrebbero competere con il potere delle multinazionali. Per queste ultime, il volume d’affari sul mercato mondiale supera i seimila milioni di dollari, soprattutto grazie alla commercializzazione di soia, cotone e mais geneticamente modificati.
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