by Editore | 21 Aprile 2011 6:58
ROMA – Un trucco, un espediente per fare l’ennesimo favore a Silvio Berlusconi e toglierli qualche castagna dal fuoco dei processi. Le reazioni delle opposizioni alle dichiarazioni del ministro Paolo Romani al Senato e ai voti sugli emendamenti nol lasciano dubbi: Palazzo Chigi bara. «L’emendamento del governo sul nucleare approvato dalla maggioranza in Senato non è solo ambiguo, è un vero e proprio trucco», taglia corto Anna Finocchiaro. Tutta una manovra, dice la presidente dei senatori democratici, «perché così sperano di far fallire anche il referendum sul legittimo impedimento, che è questione che gli sta molto a cuore e sulla quale probabilmente Berlusconi verrebbe bocciato». Il dubbio che il dietrofront del governo sia solo “tattico” è insinuato anche da Rocco Buttiglione. «Mi chiedo se non sia per depotenziare i referendum, non tanto quello sul nucleare, ma quello sul legittimo impedimento. Anche il nucleare viene sacrificato ai processi di Berlusconi», dice infatti il presidente dell’Udc. Dunque aleggia più di un dubbio sulle vere intenzioni del governo. Per Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, quella di Palazzo Chigi «è una mossa momentanea, un trucco che si configura come un vero e proprio furto di democrazia ai danni dei cittadini perché in realtà l’abrogazione della norma è una sospensione di 12 mesi, terminati i quali il governo potrebbe benissimo tornare sulla sua attuale decisione». Per gli ambientalisti il referendum si deve tenere. Come per Antonio Di Pietro e l’Idv. «Se davvero il governo vuole rivedere le proprie strategie», ha detto ieri il presidente dei senatori Felice Belisario, «dopo la moratoria, il governo voti i nostri emandamenti». Quelli che proponevano di abrogare tutto quello che ha a che fare con il programma nucleare. Il governo e la maggioranza, invece, quegli emendamenti li hanno respinti e bocciati. Dando ultereiore linfa alle accusa dell’Idv. Fra i costituzionalisti, intanto si pronuncia il presidente emerito della Consulta Cesare Mirabelli. Il giurista non ha dubbi: il voto del 12 e 13 giugno non può essere impedito dalla modifica introdotta dal governo perché «riguarda il differimento dell’applicazione mentre i quesiti hanno contenuto più ampio investendo intere scelte in materia di nucleare». La palla passerà , dunque all’Ufficio per il referendum della Cassazione che ha già fatto sapere che non prenderà nessuna iniziativa prima della pubblicazione della Gazzetta Ufficiale. E questo è un problema nel problema. I tempi, come spiega Belisario, sono stretti. L’approvazione della Camera dovrebbe arrivare a fine maggio, la promulgazione ai primi di giugno. Cosa accade se la Cassazione decide di modificare il quesito a pochi giorni dal voto? Sulla base di quali informazioni voteranno gli italiani?
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