Parmalat, Lactalis accelera sull’Opa
MILANO – Lactalis accelera l’iter dell’Opa su Parmalat per evitare “imboscate” all’assemblea di fine giugno mentre a Roma infuria la polemica politica sulla scalata francese a Collecchio. «È la Caporetto italiana del latte – ha sintetizzato per tutti ieri Enrico Letta, vicesegretario del Pd – Dopo grandi proclami di difesa della società , dopo aver approvato un decreto legge a difesa dell’italianità dell’azienda, dopo averne fatto una campagna di mobilitazione pubblica, è una sconfitta bruciante per il governo e per il Paese». La partita sembra in effetti segnata e nemmeno la Lega, in prima linea nelle scorse settimane nella guerra del latte, sembra disposta a fare le barricate. Anche perché di alternative tricolori all’orizzonte non se ne vedono. Le banche hanno gettato la spugna (non a caso la Borsa ieri ha inchiodato i titoli attorno al prezzo dell’offerta di Parigi) mentre la Cdp resta alla finestra riservandosi di valutare l’offerta francese a entrare nell’azionariato della nuova Parmalat con una quota vicina al 10% a presidio dell’italianità del progetto. I legali dell’azienda dei Besnier sono comunque al lavoro in queste ore sul prospetto dell’Opa a 2,6 euro per azione. La Consob ha già formalizzato alcune richieste (una quantificazione dei misteriosi bilanci del gruppo e spiegazioni sui finanziamenti) ma già venerdì – o al più tardi all’inizio della prossima settimana – il documento dovrebbe essere depositato. Il tempo, in qualche modo, ha una sua importanza: dopo questo primo passo, infatti, la Consob può riservarsi fino a 30 giorni per dare il via libera all’operazione. Che potrebbe poi scattare con un periodo d’offerta che va da un minimo di 25 a un massimo di 40 giorni. Il rischio, a questo punto piuttosto alto, è che l’operazione si chiuda dopo l’assemblea di fine giugno chiamata a nominare il nuovo cda di Collecchio. E che Lactalis possa quindi partecipare solo (si fa per dire) con il 28,9% del capitale che ha già in portafoglio. Una quota in teoria di tutta sicurezza anche se con il boom di partecipazione di fondi in questa tornata assembleare qualche piccola sorpresa può essere sempre dietro l’angolo. L’ago della bilancia saranno i tempi della Consob, guidata da quel Giuseppe Vegas considerato uomo molto vicino a Giulio Tremonti. Chiusa la partita finanziaria, la vera sfida per il futuro di Collecchio è a questo punto quella industriale. Gli scalatori transalpini hanno garantito che manterranno in Italia la sede e la testa pensante del gruppo, destinato a rimanere quotato a Piazza Affari. Il sistema produttivo nazionale è però in preallarme su due fronti: la possibile ristrutturazione (anche alla luce delle sinergie con Galbani, Invernizzi e Cadermatori, i marchi tricolori di Lactalis) e l’impatto sulla filiera produttiva lattiero casearia nazionale. «Noi non poniamo veti – ha detto ieri il presidente della Confederazione italiana agricoltori, Giuseppe Politi – La priorità però è la difesa dei nostri allevatori e del nostro latte».
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