by Editore | 27 Aprile 2011 7:00
ROMA – Berlusconi potrebbe aver parlato troppo presto. Di più: il bluff svelato dal premier potrebbe influire sulla stessa decisione della Cassazione e salvare il referendum sul nucleare. Il potere di far saltare un quesito infatti non è nelle mani del parlamento, né tantomeno del governo, ma di un giudice: l’Ufficio centrale presso la Corte di cassazione. A loro spetta la soluzione del rebus. Procediamo per tappe. La sentenza 68 del 1978 della Corte costituzionale è chiara: una nuova legge non provoca l’annullamento automatico di un referendum, ma può impedirne lo svolgimento solo se abbandona «i principi ispiratori della disciplina preesistente» che si vuole abrogare. Altrimenti il referendum si tiene ugualmente, seppure sulle nuove disposizioni normative. «In tal modo – spiega Gaetano Azzariti, costituzionalista alla Sapienza – si vuole impedire che un legislatore smaliziato possa modificare solo formalmente una legge, per evitare il pronunciamento popolare». Per questo spetta alla Cassazione valutare la nuova normativa alla luce dei quesiti referendari. Sul caso nucleare, già la formulazione dell’emendamento del governo solleva dei dubbi tra i giuristi, visto che rinviando a «ulteriori evidenze scientifiche» e a futuri «sviluppi tecnologici» non comporta una rinuncia definitiva alla scelta nucleare, che «è invece – sostiene Azzariti – il principio ispiratore dell’iniziativa referendaria». Insomma l’emendamento governativo bloccherebbe il piano nucleare, riservandosi però la possibilità di tornare sulla decisione. E come possono influire ora le dichiarazioni di Silvio Berlusconi? «La valutazione della Cassazione – chiarisce Roberto Borrello, costituzionalista a Siena – è strettamente tecnica, ma le parole del presidente del Consiglio esplicitano la intentio legislatoris e possono dare un’indicazione importante al giudice». «La Corte – conferma il costituzionalista Massimo Luciani – può decidere di valorizzare proprio l’interpretazione soggettiva fornita ora dal legislatore». Sulla stessa linea Azzariti, secondo il quale «la Cassazione può senz’altro avvalersi delle affermazioni di Berlusconi». Più cauto Michele Ainis, costituzionalista a Roma Tre: «Le intenzioni del premier non entrano nel giudizio della Corte, ma lo sgambetto a un istituto di democrazia diretta come il referendum è grave sul piano della correttezza costituzionale». Certo i tempi sono stretti, la Cassazione dovrà attendere che l’emendamento diventi legge dello Stato con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale. La decisione potrebbe arrivare alla vigilia dei referendum, ma non mancano i precedenti: «Come nella decisione – ricorda Azzariti – relativa al referendum sulla Cassa del Mezzogiorno». La Cassazione, spiegano i giuristi, può di decidere anche in 48 ore. A prescindere dal referendum, il destino del nucleare non è però segnato. Se la Cassazione blocca i quesiti, il governo può ripristinare quando vuole la norma che dà il via libera al nucleare. E se si tiene il referendum, si raggiunge il quorum e vincono i Sì? Secondo la dottrina passati cinque anni o comunque dopo il rinnovo del parlamento la nuova rappresentanza popolare può riproporre le norme abrogate (vedi il finanziamento ai partiti). Una cosa è certa, se il referendum viene annullato dalla Cassazione e il governo torna al nucleare, la montagna di firme raccolte dai promotori diventano carta straccia e si dovrà ricominciare da capo.
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