Non riesce l’accordo lampo Oggi Maroni torna a Tunisi

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TUNISI — L’accordo lampo sull’immigrazione non c’è. Le proposte del governo italiano sono rimbalzate sul muro tunisino, che si è rivelato più solido del previsto. Ma non c’è neanche la rottura: semplicemente è necessario continuare un negoziato difficile perché all’esecutivo provvisorio di Béji Caà¯d Essebsi non basta l’equazione “più soldi, meno immigrati”. Oggi ci riprova, da solo, il ministro dell’Interno Roberto Maroni, che torna a Tunisi per verificare se la «commissione tecnica bilaterale» , unico risultato concreto del vertice di ieri, avrà  raggiunto uno schema d’intesa. La missione guidata dal premier Silvio Berlusconi (con lo stesso Maroni e il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi) si è risolta in un passo falso. Il padrone di casa, il veterano Essebsi (84 anni), si è abilmente sfilato, lasciando parlare praticamente solo l’ospite, per altro con una dichiarazione in italiano che ha irritato i numerosi giornalisti tunisini e stranieri (un’ora dopo un sudato interprete riportava il discorso in francese e poi in arabo). Sono dettagli che contano in una trattativa che la nuova Tunisia (basta guardare le tv locali o leggere i giornali della capitale) vive come un test di maturità  per la sua credibilità  internazionale e anche per il suo orgoglio di Paese finalmente democratico. Berlusconi, in quel poco di sostanza che ha potuto comunicare, ha concesso un’apertura proprio su questo piano, assicurando che «l’Italia vuole procedere ai rimpatri nell’assoluta civiltà » . Su questo punto cruciale, i rimpatri appunto, le posizioni, ancora a tarda sera, erano lontane. Il ministro Maroni ha dato istruzioni al prefetto Rodolfo Ronconi di tenere la linea al tavolo della «commissione tecnica» : il governo tunisino deve riaccogliere almeno 1.000 immigrati clandestini, con un piano preciso (cioè indicando con quali navi, quali aerei) e «in tempi ragionevoli» . Inoltre Roma chiede di organizzare pattugliamenti congiunti delle coste tunisine. In cambio sarebbe disponibile ad aumentare il «pacchetto» di aiuti fino a 300 milioni, mettendo insieme spese per il materiale (radar, vedette) e sovvenzioni dirette o indirette alle imprese e più in generale all’economia. Ma Tunisi per ora non sembra disposta ad accogliere più di 50 o al massimo 100 immigrati alla settimana; una posizione peraltro rafforzata dalle parole del commissario Cecilia Malmstrà¶m, che da Bruxelles ha annunciato «il lancio di una procedura eccezionale per concedere l’asilo temporaneo ai rifugiati in caso di afflussi massicci» . Nello stesso tempo i rimpatri dovranno avvenire «mantenendo un basso profilo» . Traduzione: niente tv sulle banchine di partenze e attracco non a Tunisi, ma nei porti più defilati. E ancora: i mezzi per le operazioni di contrasto, in particolare motori fuoribordo e motovedette, servono subito, anzi, secondo i tunisini, sarebbero già  dovuti arrivare. Infine: il pattugliamento congiunto va calibrato con attenzione. Il premier Essebsi vuole mantenere la piena sovranità  sulle acque territoriali. Insomma, non sarà  facile. Tuttavia il barometro diplomatico indica che un accordo, o almeno «un accordicchio» oggi, o nei prossimi giorni, Maroni lo porterà  a casa.


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