Nelle vie di Misurata assediata dai tank del raìs “Nessuno fermerà  la rivolta della nuova Libia”

by Editore | 8 Aprile 2011 7:32

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MISURATA – Piange come un bambino Mohammed, sdraiato sul letto della Hekma Private Clinic di Misurata, con un foro da Kalashnikov nella pancia e il viso pieno di ecchimosi. Piange come un bambino perché Mohammed lo è davvero, poco più che un bambino. Sedici anni appena compiuti, il ragazzo è partito da Tripoli qualche settimana fa convinto della sua missione: liberare Misurata dai nemici di Gheddafi. Come molti altri suoi coetanei è stato strappato alla scuola e alla famiglia, mandato in un campo di addestramento, sottoposto al condizionamento psicologico di rito. «A Misurata – gli hanno spiegato i militari lealisti – le donne vengono stuprate dai ribelli e i bambini uccisi quotidianamente. A Misurata c’è l’inferno, dovete andare per combattere i nemici della Libia e liberare il vostro paese dai ribelli». Così Mohammed è partito con un centinaio di suoi coetanei per Misurata e ieri è stato colpito allo stomaco. Gli è andata bene, molti dei suoi amici sono morti durante le settimane scorse nei combattimenti strada per strada. Chi gli ha sparato deve avere avuto pochi anni in più di lui. Gli si è avvicinato, gli ha parlato, lo ha soccorso e lo ha portato alla clinica privata, l’unica che funziona in questa città  di 400mila abitanti senza ospedali. Ora Mohammed è stato operato ma rischia ancora la vita e tiene stretta la mano di una persona che lui non conosce. E’ Ali Turani, docente di Economia e finanza alla Washington University di Seattle e ministro dell’Energia nell’attuale governo provvisorio di Bengasi. «Quel ragazzo non mi lasciava la mano e mi fissava» racconta mister Ali, «non voleva che me ne andassi. Singhiozzando mi diceva che non vedeva sua madre da un mese, che gli dispiace di tutto questo. Che gli avevano detto che i ribelli erano dei mostri e che Misurata era in pericolo, e che lui era arrivato solo per proteggere donne e bambini». Chi ha catturato i soldati di Gheddafi – sono decine, tenuti in luoghi segreti che cambiano di giorno in giorno – racconta di come alcuni siano stati trovati nell’abitacolo del carro armato, imbottiti di droghe e ammanettati per non scappare con i soldi ricevuti per combattere. O rinvenuti cadaveri sulle strade, uccisi dai cecchini amici perché cercavano di fuggire. I morti, sulle vie meridionali di Misurata rimangono anche per giorni senza che nessuno possa avvicinarsi. La città  – la terza per dimensioni dopo Tripoli e Bengasi, antico scalo commerciale sul Mediterraneo e oggi principale porto industriale del paese – è oggi praticamente divisa in due, la parte settentrionale con i porti navali controllata dai ribelli, dove arrivano però quotidianamente le cannonate dei tank e i proietti dell’artiglieria pesante libici. E la parte meridionale dove si combatte, strade fantasma in mano ai carri armati e ai cecchini, con i palazzi distrutti dove gran parte dei quartieri sono vuoti, abbandonati dagli abitanti che sono fuggiti a nord. Qui a Misurata le prime proteste risalgono al 19 febbraio, due giorni dopo gli scontri di Bengasi. Ma la guerra vera inizia il 6 marzo quando i carri armati sparano sulla folla lasciando sulle strade venticinque morti e novanta feriti. «Gli scontri sono proseguiti nelle settimane successive e fino a oggi il bilancio da noi stimato è di circa seicento morti» racconta Mohammed Ali, «perché i cadaveri registrati in ospedale sono oltre duecento ma molti altri non sono mai stati portati via dalle strade e seppelliti direttamente dopo un po’ di giorni». Mohammed Ali è uno dei portavoce dei ribelli ed è sdraiato su un basso divano di una casa privata. «Qual è la strategia di Gheddafi? Terrorizzare i cittadini di Misurata tagliando loro acqua, elettricità  e qualunque forma di comunicazione, dalle linee fisse ai telefonini a Internet. Molta della nostra gente non ha comunicazioni con l’esterno da oltre un mese. Inoltre i tank sono stati posizionati nelle vie cittadine, per cercare di impedire alla Nato di bombardarli in zone abitate. Gheddafi sta cercando di cancellare la società  civile e di soffocarci ma non ci riuscirà . Misurata è il più grande porto di stoccaggio della Libia, abbiamo cibo a sufficienza per sopravvivere mesi». Misurata è sotto assedio ma resiste. Alla Free Radio dove si combatte la propaganda di Tripoli, nessuno ha perso la speranza: «Ci ha attaccato per sei volte e per sei volte abbiamo ricostruito lo studio altrove» sorride sprezzante il direttore, Jamel Salem, «Gheddafi non riuscirà  a fermare la voce della nuova Libia libera».

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