Nazionalismi di ritorno

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Ma oggi la situazione è persino più grave del 2003 perché, per gli effetti prodotti dalla crisi economica, l’America è molto più debole di allora e perché nel frattempo i rapporti fra gli Stati europei (dalla bocciatura del trattato costituzionale del 2005 alle disavventure dell’euro) si sono progressivamente deteriorati. E ora è sopraggiunta la crisi libica ad incattivire ulteriormente gli animi. È sperabile che a crisi conclusa si possano ristabilire in Europa le relazioni di un tempo. Ma non sarà  facile. C’è stata un’epoca in cui alcuni, di orientamento antiamericano, coltivavano l’illusione di un’Unione Europea capace di sbarazzarsi, grazie ai progressi dell’integrazione, del rapporto con gli Stati Uniti, di cominciare a muoversi sulla scena internazionale in modo indipendente e anche, eventualmente, in opposizione all’America. Era un’illusione. La comunità  euro atlantica (lo storico legame fra Europa e America) e l’integrazione europea, direbbe un giurista, simul stabunt vel simul cadent, sono legati a corda doppia, staranno o cadranno insieme. È grazie ai legami con l’America che l’integrazione europea è nata e si è sviluppata. Sembra plausibile che un indebolimento o una disarticolazione di quei legami non preluda a chissà  quali traguardi dell’integrazione dell’Europa ma al suo declino. La comunità  euro-atlantica vacilla perché vacilla la leadership americana. Come hanno mostrato le oscillazioni dell’Amministrazione Obama, la sua incapacità  di darsi un riconoscibile disegno strategico, a fronte delle rivoluzioni arabe. E come si è visto nella crisi libica. Le stesse tensioni fra i Paesi europei sono favorite, o esasperate, dal deficit di leadership americana. Ciò non dipende solo dalle personali indecisioni di Barack Obama. Esse ci sono ma non fanno altro che aggravare una crisi di credibilità  dell’America che ha l’origine nel suo indebolimento politico complessivo. Poiché era il vigore di quella leadership il collante del blocco euro-occidentale, il suo appannamento ha riflessi destabilizzanti che acuiscono i problemi legati ai contenziosi infra-europei. È inutile negarlo. Un’Italia lasciata fin qui sola dall’Europa a vedersela con gli sbarchi e, in più, con il sospetto che il vero scopo dell’impresa sia accrescere l’influenza anglo-francese in Libia a scapito dell’Italia, può lasciare strascichi pesanti, può influenzare l’opinione pubblica italiana rendendo in futuro meno europeista il Paese che, storicamente, lo è stato più di altri. L’intervista rilasciata ieri dal primo ministro francese Franà§ois Fillon al Corriere è un prezioso passo distensivo. Ma occorrerà  molta buona volontà  da entrambe le parti per riportare alla normalità  i rapporti fra Italia e Francia. Il tutto mentre la Germania, con la sua scelta di tirarsi fuori (e di cercare altrove, nel rapporto con le potenze emergenti, Cina, Russia, Brasile, nuove sponde politiche), chiarisce che l’Europa è politicamente acefala, senza un vero leader disponibile a fare la sua parte.


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