Misurata, le armi proibite di Gheddafi bombe a grappolo sui civili in trappola
MISURATA – Le forze militari fedeli al colonnello Muammar Gheddafi che hanno circondato Misurata e promesso di schiacciare i ribelli hanno colpito i quartieri residenziali con armi pesanti, tra cui bombe a grappolo bandite dalla maggior parte della comunità internazionale e razzi terra-terra. Lo affermano i testimoni e i sopravvissuti e lo dimostrano i segni sul terreno. Queste armi “indiscriminate”, che colpiscono ampie aree con una fitta successione di munizioni altamente esplosive, non possono per loro natura colpire in modo preciso e se usate in zone abitate mettono a grave rischio i civili. «È una notizia preoccupante», ha detto il segretario di Stato americano Hillary Clinton in una conferenza stampa a Berlino. «Ed è uno dei motivi per cui i combattimenti a Misurata sono così difficili, perché si svolgono in zone densamente popolate, in zone residenziali e questo crea molti problemi tanto alla Nato che all’opposizione». Le bombe a grappolo sono state usate nella notte di giovedì, con colpi di mortaio da 120 millimetri che hanno disseminato i loro ordigni altamente esplosivi. I resti delle granate esplose, esaminati e fotografati dal New York Times, mostrano che si tratta di proiettili da mortaio Mat-120, ognuno dei quali contiene e dissemina 21 sottomunizioni più piccole con l’obiettivo di uccidere e penetrare nei giubbotti antiproiettile. Dai contrassegni sembra che i componenti dei proiettili siano stati prodotti in Spagna nel 2007, un anno prima che Madrid firmasse la Convenzione internazionale sulle bombe a grappolo e si impegnasse a distruggerne le scorte esistenti. La Libia non ha firmato la Convenzione. «È inammissibile che la Libia usi queste armi indiscriminate, soprattutto in aree urbane così popolose», ha detto Steve Goose, direttore del settore armi dell’organizzazione Human Rights Watch. «Le bombe a grappolo sono delle armi imprecise e inaffidabili che per loro natura creano dei pericoli inaccettabili per i civili». Le bombe a grappolo non sono il solo sistema di arma pesante indiscriminata che metta a rischio i quartieri urbani della città : giovedì il quartiere residenziale di Qasr Ahmed è stato colpito da diversi razzi Grad, armi concepite nell’Unione Sovietica per coprire un campo di battaglia con esplosioni multiple, che sono stati subito identificati dall’esame dei loro frammenti contorti. Dai contrassegni leggibili su alcuni di essi risultano costruiti durante la Guerra Fredda. Vengono sparati da lanciarazzi montati su dei camion in grado di trasportare 40 razzi. Ogni camion diventa un sistema mobile capace di coprire un’area di almeno 12 miglia. Un solo missile Grad ha ucciso otto civili, hanno affermato sopravvissuti e testimoni, che hanno poi mostrato otto tombe scavate in fretta in un parco pubblico delle vicinanze, dove i parenti pregavano sui loro morti. I corpi erano stati sepolti accanto a due altalene. Su ogni tomba c’era la data: 14 aprile 2011. Gli attacchi di giovedì e le prove che li dimostrano indicano che la campagna delle forze del Colonnello contro Misurata si basa in parte su armi che hanno il fine di mettere in pericolo la vita dei civili rimasti in trappola. Confermano le frequenti affermazioni dei ribelli, secondo i quali, in questa sbilanciata guerra libica, le forze di Gheddafi hanno preso di mira i civili o, come minimo, si preoccupano ben poco di non coinvolgerli. «È una tragedia umana», dice Ali Salem, 40 anni, residente a Qasr Ahmed, che racconta quanto sia difficile per i suoi quattro figli riuscire a dormire. «In che altro modo si può chiamare quando bombardano con artiglieria, missili e mortai la gente che dorme in casa sua?». Il numero di vittime dei missili Grad evidenzia quanto siano vulnerabili i civili in questa guerra. A Misurata ci sono pochi mercati aperti, non c’è quasi elettricità e le scorte di cibo sono scarse. Molti abitanti, per mangiare, devono fare la fila per il pane. Uno dei razzi caduti su Qasr Ahmed è esploso accanto a una di queste file, uccidendo diverse persone che aspettavano di ricevere qualcosa da mangiare. «Mi sono buttato a terra quando sono cominciate le esplosioni», dice Ali Hmouda, 36 anni, che lavora al porto. «Il mio amico non lo ha fatto. È rimasto decapitato». (© New York Times/ La Repubblica. Traduzione di Luis E. Moriones)
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