by Editore | 30 Aprile 2011 7:49
ROMA – La telefonata forse più difficile da quando è segretario del Pd. Pier Luigi Bersani l’ha avuta con Napolitano che sulla Libia ha chiesto alle forze politiche «senso di responsabilità » e la consapevolezza che «in gioco ci sono gli interessi nazionali». In una parola, di non buttarla in caciara, guardando solo l’orto di casa e la spallata a Berlusconi. Ma è proprio quel richiamo istituzionale a dividere i Democratici. Da una parte chi pensa che proprio non si doveva irritare il Quirinale votando nuove mozioni in Parlamento e mettendo peraltro in scena lo spettacolo delle opposizioni in ordine sparso, con tanto di scontro Idv-Pd. Dall’altra chi – segretario, Bindi e Franceschini in testa – ritiene che la strada sia obbligata. «Una cosa sono le preoccupazioni del capo dello Stato, altra l’iniziativa politica». Bersani ha ribadito al presidente della Repubblica: «C’è una questione politica e il Pd non può fare diversamente». «Di cosa non ci avrebbero accusati se non ci fossimo mossi! Siete incapaci di metterli in difficoltà , non sapete approfittarne…» si è sfogato Franceschini. Il leit-motiv della segreteria democratica è: «Il governo sta mostrando uno sbandamento micidiale, anche se la Lega alza il tono ma poi lega il Carroccio all’imperatore». Ma per dire quanto pesi l’ammonimento del Colle e come approfondisca i solchi nelle file democratiche, basti sapere che al Senato la capogruppo Anna Finocchiaro non è affatto orientata a seguire la strada della mozione. «Valutiamo bene, attenti», aveva già detto un paio di giorni fa. Difficilmente insomma a Palazzo Madama (dove martedì, mentre sarà in corso il dibattito a Montecitorio, si riunisce la capigruppo per stabilire il da farsi sulla Libia) ci sarà un replay-Camera. E Luigi Zanda, uno dei vice capogruppo pd, ironizza: «Noi qui siamo napoletaniani. Che senso avrebbe ripetere a distanza di pochi giorni un voto? Noi dobbiamo incalzare il centrodestra sulla missione, ben venga la discussione. A fare emergere le fratture nella maggioranza ci abbiamo giustamente pensato alla Camera». Lo stesso D’Alema ci ha tenuto a fare sapere di essere «né pro né contro» la strada-mozione, chiamandosi fuori. Ci sono però i dalemiani – l’eurodeputato Roberto Gualtieri, Matteo Orfini – a dire che era meglio di no, che essere meno tatticisti non guasterebbe. Pure i veltroniani nicchiano. Stefano Ceccanti ad esempio, ritiene che ci sia una questione di opportunità e che se al Senato si votasse sulla Libia, a ridosso delle amministrative, non sarebbero un bel vedere una opposizione spaccata. Il termometro dell’irritazione del Quirinale starebbe nel seguente commento: l’opposizione sale sulle barricate in politica estera, quando non dovrebbe, e poi quando si vota sull’economia ci sono 40 deputati assenti. A rendere ancora più stretta la strada del Pd ci sono le accuse dell’Idv. Massimo Donadi ha parlato con Franceschini: «Farete da sponda al governo con una mozione scritta in quel modo». Immagina un trappolone con il Pdl che vota il documento democratico. L’Idv presenta una sua mozione anti bombardamenti. L’Udc: «Voteremo ogni mozione non ambigua sulla missione».
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