L’immigrazione e il governo che non c’è

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Da allora nulla è stato fatto per fronteggiare questa emergenza, per garantire un primo soccorso adeguato alle persone sbarcate a Lampedusa e per definire una qualche strategia, da concordare con tutti gli attori coinvolti. Il coordinamento proprio non c’è stato, neanche all’interno dell’esecutivo. Per non parlare di quello fra governo e Regioni. Abbiamo assistito a quattro tipi di reazioni all’interno della maggioranza. La prima è l’urlo. Il “fà¶ra di ball” in incerto dialetto lombardo di Umberto Bossi potrà  forse servire a placare le ira di qualche elettore della Lega, ma certo non è di alcun aiuto ai ministri dello stesso partito che devono gestire il problema. La seconda reazione è stata l’ipocrisia. Si sono inviati clandestini in centri come quello di Manduria sapendo benissimo che ci sarebbero state fughe in massa. Paradossalmente è stato più efficace lo sciopero dei treni delle barriere poste attorno al centro nel contenere gli esodi dal centro verso il nord. E Manduria non è un caso isolato. Secondo le informazioni raccolte dal sito gestito da Sergio Briguglio (www. stranieriinitalia. it), circa 9.500 persone sono state portate via da Lampedusa per essere ospitate in centri aperti. Di queste, 7.000 sarebbero già  oggi irreperibili. La terza reazione sono le proposte sconclusionate, segno della totale improvvisazione. È evidente che i 1500 euro offerti in cambio del rimpatrio, nella proposta dei ministri Frattini e Maroni, sono del tutto inadeguati. Qui abbiamo persone che pagano molto di più per fuggire dalla realtà  in cui vivono, che rischiano addirittura la loro vita per arrivare nell’Unione europea. La quarta reazione è la menzogna. Quando si sostiene che gli immigrati clandestini verranno tutti riportati in Tunisia si ignora il fatto che per il diritto internazionale non conta tanto la provenienza, quanto l’appartenenza. Quando anche fosse documentabile che gli sbarchi sono tutti originati dalle coste tunisine, non potremmo esigerne la riammissione in Tunisia a meno che sia documentabile che si tratta a tutti gli effetti di cittadini tunisini. Sarebbe sbagliato vedere in questa improvvisazione solo il segno delle divisioni oggi presenti all’interno della maggioranza e di un presidente del Consiglio palesemente inadeguato. C’è un problema anche di carattere più generale, legato alla mancanza totale di pragmatismo con cui le forze dell’attuale maggioranza hanno gestito il problema dell’immigrazione in questi anni. Il reato di immigrazione clandestina di fronte a flussi come quelli registrati in queste settimane serve solo a congestionare ulteriormente i nostri tribunali. Le procedure della legge Bossi-Fini, già  oggi sistematicamente disattese, fingendo che chi fa domanda per un permesso di soggiorno non sia già  da noi, sembrano del tutto anacronistiche alla luce di fenomeni su questa scala. Ma soprattutto chi ha sistematicamente voluto tenere fuori l’Europa dalla gestione delle politiche dell’immigrazione non è oggi in grado di fornire risposte. Non può che essere infatti l’Unione Europea ad affrontare il problema. Primo perché quello che abbiamo di fronte è un problema innanzitutto di rapporti con i nuovi governi che si profilano sulla sponda meridionale del Mediterraneo, rapporti che non possono che tenere conto di fattori ben più ampi della sola questione migratoria. Secondo perché questi governi non possono trattare allo stesso modo un paese come l’Italia (che ammette al massimo 4000 immigrati regolari dalla Tunisia ogni anno) e l’Unione europea nel suo complesso. Non sappiamo cosa riuscirà  ad ottenere oggi Berlusconi a Tunisi, ma è chiaro che le sue richieste sarebbero ben più forti se venissero a nome di tutta l’Unione. Terzo perché la messa in atto di politiche differenziate tra i diversi paesi dell’Unione finisce per portare alla violazione del principio della libera circolazione delle persone e degli accordi di Schengen. I controlli messi in atto dalle autorità  francesi alla frontiera di Ventimiglia hanno esattamente questa caratteristica. Perché sia l’Europa ad essere investita del fenomeno bisogna abbandonare la finzione, l’ipocrisia di saper gestire questi problemi da soli. Molti politici dell’attuale maggioranza sembrano impreparati a questo passo perché hanno sempre teorizzato il contrario, il mito del borgo che si difende dalle sfide della globalizzazione. Questo è l’ostacolo maggiore. Certo, c’è anche un altro ostacolo. È rappresentato dalle resistenze degli altri paesi dell’Unione che, come la Francia, non hanno dimostrato in queste settimane una grande volontà  di cooperare. Nei loro confronti abbiamo però un’arma importante da utilizzare in una eventuale trattativa. Se fosse l’Italia, unilateralmente, a concedere un regime di protezione temporanea con rilascio di permessi di soggiorno per motivi umanitari a tutti coloro che sono sbarcati in questi ultimi due mesi, queste persone godrebbero della libertà  di circolazione fino a tre mesi all’interno dell’Unione. Questo significa che la Francia sarebbe costretta a ricevere un flusso di “turisti” tunisini soggiornanti in Italia, senza avere alcuna possibilità  di rinviarli in Italia prima che siano scaduti i tre mesi e con scarse probabilità  di rintracciarli al termine di tale periodo.


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