by Sergio Segio | 28 Aprile 2011 10:36
Che continua: “Era coperto di sangue. La prima cosa che ho fatto e’ stata di tirarlo via dal terrazzo, l’ho soltanto preso in braccio e portato via di li'”, racconta. “Le ore precedenti l’esplosione erano state tranquille, ma la granata che Mohamed presume sia stata sparata da un mortaio era esplosa molto vicino, e aveva investito di frammenti il corpo di suo figlio. La faccia sembrava la parte piu’ colpita. La famiglia vive non lontanto dal principale ospedale di Misurata ancora in funzione, ma adesso il bombardamento era diventato intenso. «Non avevo scelta, dovevo aiutarlo» racconta Mohamed. «L’ho trasportato all’ospedale, sotto le bombe che esplodevano da ogni parte.» Mufteh e’ stato evacuato via mare, da Misurata a Bengasi, citta’ in mano agli insorti: un viaggio durato ben 20 ore. Aveva emorragie interne, una mandibola fratturata, e ferite da schegge sul viso e sul collo”.
“‘Mio figlio stava soltanto giocando. Come puo’ accadere tutto questo a un ragazzino che se ne sta tranquillo a giocare?’ si dispera Mohamed. Purtroppo questo e’ il genere di cose che accade spesso in queste settimane, a Misurata e in altre zone della Libia. Negli ultimi giorni a Misurata, i medici hanno riferito di almeno 40 civili uccisi, tra cui un dottore ucraino e due fotografi stranieri, oltre a centinaia di feriti”.
“Nel frattempo, l’intensificarsi delle ostilita’ nelle ultime 72 ore nella regione occidentale della Libia ha costretto altre migliaia di famiglie ad abbandonare le proprie case. Pesanti combattimenti sono in corso intorno alle citta’ di Zintan, Nalut e Qalaa, con ripercussioni traumatiche sui bambini coinvolti. Dall’inizio del conflitto, a febbraio, mezzo milione di cittadini libici sono sfollati. Alcuni sono riusciti a fuggire con tutto cio’ che potevano caricare su un’automobile, altri con soltanto cio’ che sono riusciti ad afferrare nelle mani, in corsa”.
L’Unicef sta distribuendo materiali per reparti chirurgici, kit ostetrici, igienici e di pronto soccorso, acqua potabile, sostanze per disinfettare le scorte idriche, e giocattoli per i piu’ piccoli. Altre scorte di beni sono state posizionate ai posti di frontiera con Egitto e Tunisia, a beneficio di coloro che riescono a oltrepassare il confine libico. Sebbene la maggioranza dei profughi dalla Libia sia costituita da lavoratori stranieri in fuga, sempre piu’ sono i cittadini libici che oltrepassano il confine in cerca di sicurezza. A Bengasi, Mufteh si prepara per la prima di una serie di operazioni chirurgiche. Gli sono stati donati diversi regali, ma le ferite non gli consentono di sorridere. Presto sara’ anche lui uno dei tanti bambini ai quali l’UNICEF garantisce assistenza psicologica, qui nell’est della Libia. “‘È cosi’ coraggioso, ma soffre tanto’ ci dice papa’ Mohamed, ‘Temo che potra’ avere dei problemi anche dopo, ma oggi e’ vivo. Dobbiamo considerarci fortunati’. Davvero riesce difficile parlare di fortuna, guardandolo”. (DIRE)
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