L’Enel, l’atomo. E gli azionisti?

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ll dramma della centrale di Fukushima, in Giappone, ha riacceso il dibattito internazionale sul futuro del nucleare. Molti Paesi si sono presi una sorta di pausa di riflessione per valutare meglio i pro e i contro di questa controversa fonte energetica. In Italia il governo si sta arrampicando sugli specchi per far saltare il referendum sul nucleare con una sorta di moratoria, onde poi “riallacciare i fili del discorso” nell’arco di un paio d’anni. Una manovra dalla dubbia legittimità , candidamente svelata nelle sue motivazioni alla stampa dallo stesso presidente del Consiglio.

L’Enel rimane in attesa degli eventi, continuando però a sostenere la bontà  dell’energia nucleare e a progettare enormi investimenti per il suo sviluppo. Come si è appreso dopo l’incontro bilaterale tra i governi d’Italia e Francia, l’impresa ha ancora in essere i contratti con la transalpina EDF ed è quindi pronta a fare il suo per costruire quattro reattori di tipo EPR in Italia. I due soli impianti di questo tipo oggi in fase di realizzazione in Europa, uno in Francia e l’altro in Finlandia, stanno entrambi registrando enormi aumenti dei costi, ritardi e altri problemi.

Ma la compagnia, per il 30 per cento ancora di proprietà  dello Stato, è anche molto attiva nell’Europa dell’Est. Uno dei casi più controversi è quello della centrale nucleare di Cernavoda, in Romania. Il progetto iniziale prevedeva la realizzazione di due nuovi reattori. Uno dopo l’altro, tutti gli investitori esteri si sono però sfilati: hanno rinunciato prima i cechi, poi i tedeschi, i francesi e gli spagnoli. Unico investitore estero ancora deciso a credere nel progetto è l’Enel, nonostante l’impianto sorga in una zona altamente sismica e negli ultimi due anni si siano verificati alcuni “piccoli incidenti” che hanno determinato il blocco temporaneo dei due reattori esistenti di tecnologia Candu – molto diffusa nell’ex Unione Sovietica.

C’è poi il progetto di Mochovce, in Slovacchia, dove è in costruzione un reattore che solleva più di una preoccupazione dal punto di vista della sicurezza, essendo sprovvisto del doppio guscio di contenimento oggi previsto per i nuovi impianti. Eppure l’assicuratore pubblico italiano, la Sace, sta valutando la possibilità  di coprire eventuali rischi legati alla realizzazione dell’opera per un totale di 290 milioni di euro.

L’Enel è l’unica compagnia straniera che ha inoltre manifestato il suo interesse per il progetto di Kalinigrad, in Russia, molto avversato dalla popolazione locale. Il governo di Mosca ha intenzione di coprire solo la metà  dei costi previsti, tanto che ha già  affermato che gli investimenti esteri sono essenziali per la realizzazione della centrale e senza si fermerebbe tutto. Sui giornali russi per più di un anno si è parlato di un possibile coinvolgimento di imprese francesi, ceche e tedesche, le quali poi hanno dichiarato ufficialmente che non hanno nessuna intenzione di investire i loro soldi in un’opera così controversa. I reattori che si vogliono costruire a Kalinigrad, sulla costa del Mar Baltico, sono ad alto rischio. La tecnologia che verrebbe adottata, la VVER1200 che prevede la pressurizzazione ad acqua dei reattori, non è stata mai testata in Russia, per la scelta della località  non è stata condotta la necessaria indagine geologica e non ci sono piani appropriati per la gestione delle scorie. La centrale, poi, sorgerebbe a meno di dieci chilometri da un Paese dell’Unione europea, la Lituania, in una zona dove il traffico aereo è molto intenso. Nonostante questo, i suoi reattori non sono progettati per resistere a un impatto di grandi dimensioni in caso di incidente aereo.

Venerdì 29 aprile l’Enel terrà  la sua annuale assemblea degli azionisti. Le iniziative di azionariato critico portate avanti da alcuni anni dalla Fondazione Culturale Responsabilità  Etica e dalla CRBM quest’anno si sono concentrate anche sul tema degli investimenti della compagnia nell’ambito del nucleare. Non a caso le due associazioni hanno delegato a parlare in assemblea Vladimir Slivyak, attivista dell’Ong russa Ecodefense. Chissà  quale sarà  la risposta che gli riserverà  Fulvio Conti, amministratore delegato confermato in carica da Palazzo Chigi.

 


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