Le donne e quelle 5 ore fantasma

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Le donne in Italia sembrano avere bisogno di molto, ma molto più di 24 ore per portare a termine tutto ciò di cui si occupano. Secondo l’Ocse, che ieri ha pubblicato un «Panorama sulla società » , l’Italia è fra i Paesi nei quali il tempo di lavoro non remunerato è più lungo e la differenza fra uomini e donne più alta. Per le prime è in media di 320 minuti (più di cinque ore), per i secondi di 100 (più di una partita). Soprattutto quando c’è qualcuno che le svolge gratis, certe attività  sono spesso considerate senza valore: rifare un letto, cucinare, occuparsi di un nipote che non va ancora a scuola o di parente che non esce più di casa. Sono ore di lavoro che non figurano nella contabilità  del prodotto interno lordo, non producono gettito, in teoria non costano e non portano guadagni. Sono a loro modo ore fantasma, perché per ora non entrano nella contabilità  economica nazionale. Sarebbe inutile scomodare i greci di 25 secoli fa per scovare il paradosso: economia viene da oikonomìa, letteralmente la gestione domestica. Oggi invece la gestione domestica scompare dall’economia ufficiale anche quando vale 5 ore al giorno. Sarebbe inutile risalire al significato delle parole, se non ci facesse capire che in fondo non sappiamo bene chi siamo. Poiché contano solo le attività  che entrano numericamente nel Pil, questa tende a scomparire (invece consumare carburante fermi in un ingorgo aumenta la crescita). Forse tra un paio di secoli i posteri diranno di noi che avevamo dell’economia una visione barbara e arretrata, ferma all’apparenza dei numeri. Non eravamo diversi dai medici medievali per i quali il sangue non circolava. Invece il punto è proprio qui: magari anche la cura gratuita degli altri e tutte quelle ore fantasma possono dare a donne (e uomini) un po’ più di quella elasticità  mentale che serve in questa economia che non finisce mai di cambiare.


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