L’ultima sorpresa di Steve Jobs il cellulare che spia

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NEW YORK – Non ricordate dov’eravate un mese fa a quest’ora, cos’avete fatto, in quali locali siete entrati, chi avete visto? Niente paura, la smemoratezza ha un rimedio. Se siete proprietari di un iPhone o un iPad, loro hanno registrato tutti i vostri spostamenti, minuto per minuto. E ne conservano la traccia fedele. Peccato che la Apple non abbia mai sentito il dovere di dirvelo. Né di precisare che uso ne fa lei, di tutte quelle informazioni. Anzi, se non fosse per la sagacia di due esperti di privacy e sicurezza digitale, questo continuerebbe ad essere un segreto ben custodito dall’azienda di Steve Jobs. I suoi telefonini e lettori digitali sono programmati per spiarci, a nostra insaputa, e conservare la mappatura precisa dei nostri spostamenti. La rivelazione l’hanno fatta Alasdair Allan e Pete Warden (quest’ultimo è un ex dipendente Apple) in una ricerca presentata a San Francisco a un convegno di esperti specializzati proprio nelle tecnologie della localizzazione, i sistemi sempre più raffinati e pervasivi che vengono usati per spiare i nostri movimenti. È evidente l’utilità  di queste tecnologie per l’esercito, per la polizia, la magistratura. Ma la Apple che se ne fa di tutti quei dati sui suoi clienti? Allan e Warden hanno proiettato su uno schermo il tipo di spionaggio automatico che insegue il proprietario di un iPhone: su una mappa, si vede il tracciato del viaggio che uno di loro ha compiuto da New York a Washington con gli orari precisi di ogni spostamento. Sulla carta geografica appare una lunga “striscia” di segnali, emessi dall’iPhone anche senza usarlo per chiamate o altre applicazioni: se acceso, il telefonino tradisce comunque la sua ubicazione, collegandosi con i ripetitori. Grazie al software installato da Apple sui suoi cellulari e lettori digitali, queste notizie sui percorsi dell’utente finiscono in un angolo della memoria dell’apparecchio. Non c’è modo di saperlo, né di disattivare questa funzione: andando nell’icona “impostazioni” questa capacità  di memoria non appare e quindi non può essere spenta. Non basta: appena collegate l’iPhone o l’iPad a un computer – molti lo fanno per trasferire testi, immagini, musica, o anche semplicemente per ricaricare la batteria – le stesse informazioni sugli spostamenti dell’utente sono immagazzinate anche nell’hard disk della memoria del pc. E da lì Apple può carpire tante notizie sulla nostra vita privata? Allan ne ha la certezza, il suo unico dubbio è «come Apple intende usare queste informazioni, o non usarle». Insospettisce il silenzio impenetrabile in cui l’azienda californiana si è rinchiusa, dopo le rivelazioni di Allan e Warden. No comment, anche di fronte alle ripetute interrogazioni dei maggiori mass media americani. Si è mosso perfino un politico, il senatore democratico Al Franken del Minnesota, con una lettera al fondatore di Apple Steve Jobs in cui gli chiede perché l’azienda «raccoglie informazioni in segreto», a quale scopo e con quali usi. Ancora silenzio. Negli Stati Uniti si possono effettuare intercettazioni telefoniche, e anche usare i telefonini per pedinare i movimenti dei loro proprietari, ma solitamente è la polizia giudiziaria o la magistratura a ordinare la raccolta di queste informazioni agli operatori telecom. Sul New York Times Marc Rotenberg, che dirige l’Electronic Privacy Information Center, dichiara che «la raccolta in segreto di dati sugli spostamenti è una evidente violazione della privacy». Anche ammesso che Apple non abbia secondi fini, è in discussione la sicurezza dei suoi gadget: in caso di furto o smarrimento, il ladro o l’hacker s’impadronisce di ogni memoria dei nostri movimenti.


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