L’ultima battaglia alla Camera approvato il salva-Silvio e il governo si ferma a quota 314

by Editore | 14 Aprile 2011 7:25

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ROMA – L’Anm già  parla di «sconfitta per lo Stato», di «15mila processi a rischio» invece dei 7mila di Alfano, dice che la prescrizione breve per gli incensurati «non reggerà  al vaglio di costituzionalità ». Lo sostiene pure il centrosinistra, dentro e fuori l’aula. Ma Berlusconi e la maggioranza incassano una doppia vittoria. Di numeri e d’immagine. I primi: la norma che taglia i tempi dell’azione penale, il massimo della pena più un sesto, anziché un quarto, e che falcia, come prima “vittima”, il processo Mills, è stata votata alle 20 e trenta. Un’ora più tardi di quanto previsto. Ben 610 deputati presenti, 314 favorevoli, 296 contrari. Il governo si può togliere un’altra soddisfazione. Due ore prima incastra il centrosinistra su un voto prima palese e a ruota segreto. In ballo un emendamento del dipietrista Palomba, votato per parti. Il primo finisce 294 a 310. Il secondo 288 a 316. Non solo la mitica quota 316 superata, ma sei voti strappati all’opposizione. Le ipotesi? Un Fli, tre Mpa, un Udc, un Pd. Circolano i nomi. Tutti smentiscono. Resta il fatto politico. Berlusconi, entusiasta, lo considera «la conferma che siamo oltre 330». C’è chi si spinge a 345. Chi vi legge la teoria di una falange berlusconiana negli altri partiti. Un volpone del Transatlantico, il pdl Osvaldo Napoli, parla di una sinistra «che sulla giustizia ha perso la testa e i voti». È uno smacco, a sinistra. Come quel voto che, alle 17 e 37, fa passare l’articolo tre della legge, proprio la prescrizione breve. Ormai è fatta. Il Pdl ha vinto. Assaggia la prova di forza e di immagine. Dice il coordinatore Denis Verdini, l’uomo forte del gruppo in queste ore: «Conta che abbiamo tenuto bene per due giorni e dimostrato coesione». Poi loda l’ex Udc, ora nel Misto, Calogero Mannino che vagheggia «il ritorno all’immunità ». Un prossimo obiettivo. Si rilassano Baldelli e la Santelli, i due vice capigruppo che hanno macinato chilometri per garantire la presenza in aula. Come la sottosegretaria Ravetto. Il capogruppo Cicchitto non dismette i panni del “cattivo”, «non ci faremo processare nelle piazze, siamo una macchina da guerra, è la disfatta della sinistra…». L’Anm parte con il tam tam. Il presidente Palamara: «A rimetterci sarà  chi ha subito una truffa o una violenza sessuale, i familiari delle vittime di stragi e terremoti». Batte il ferro il segretario Giuseppe Cascini: «Corrotti ed evasori la faranno franca, ma difficilmente la norma reggerà  al vaglio di costituzionalità ». «Faremo sentire la nostra voce». Ma ben altra è la soddisfazione della maggioranza. Sta nelle parole di Bossi quando dice «abbiamo votato e i numeri sono buoni». Fuori lo contestano, gli gridano «vergogna» e «venduto». Ma per lui conta la prova data. I leghisti, con un’indiscrezione su Roberto Maroni, cercano pure di riequilibrare la partita. Contestano il processo lungo che partirà  al Senato, il danno di non poter usare le sentenze passate in giudicato. Ma resta che hanno ingoiato la prescrizione e 15mila reati cassati. Dirà  la Lussana: «Il processo breve ce lo chiede l’Europa». Nel Pd, dove l’opposizione è stata studiata a tavolino da un fantasioso Giachetti, c’è soddisfazione. Bersani, il leader: «Volevano votare il giorno della visita di Berlusconi a Lampedusa, li abbiamo incastrati per due settimane e il risultato è indiscutibile». Franceschini: «Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare. Soddisfatto il leader dell’Udc Casini: «Questa legge non reggerà  le future verifiche sul piano costituzionale». La stronca il finiano Bocchino: «È triste vedere la Camera bloccata alla presenza di tutti i ministri al solo fine di far prescrivere il processo Mills». Il capogruppo Della Vedova: «Avete umiliato il Parlamento». Granata: «Hanno demolito la giustizia, ma noi ricostruiremo il patriottismo». Lo Presti: «Per gli ex An ed ex forzisti, uniti nella devastazione del diritto, il tribunale sarà  quello elettorale».

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