L’esercito dei precari in piazza “Stanchi di aspettare, la vita è ora”

by Editore | 10 Aprile 2011 7:22

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ROMA – «Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta». Lo hanno scritto sugli striscioni, stampato sulle magliette gialle con il punto esclamativo, disegnato a pennarello sulle braccia. Rivogliono la possibilità  di costruirsi un futuro, un’esistenza degna con i diritti sino ad ora negati. «Perché non siamo bamboccioni ma cittadini di serie B a cui è rifiutata la possibilità  di un mutuo, di una casa e di diventare genitori perché non abbiamo certezza di lavoro né di stipendio». In rappresentanza dei 4 milioni di precari italiani, a migliaia sono scesi ieri in piazza tra manifestazioni e flash mob da Roma a Palermo, da Milano a Napoli, da Torino a Firenze e anche in diverse capitali europee. A ritmo di musica e senza incidenti, tranne a Padova, hanno sfilato i cortei dei non garantiti, il popolo delle partite Iva, stagisti in aziende e ministeri a zero euro, vincitori di concorsi mai assunti, lavoratori dei call center, laureati in cerca del posto fisso e col biglietto in tasca per l’estero, docenti e ricercatori sottopagati come quelli dell’Ispra che sui camici portano scritto: «Non sparate alla ricerca». «È una generazione considerata un vuoto a perdere, che vive in apnea, senza prospettive», dice Nichi Vendola mentre sfila accanto al popolo trasversale che unisce il mondo dello spettacolo e quello delle assicurazioni dove c’è chi riceve 500 euro di paga al mese. Attraversa le università  e la galassia dell’informazione con schiere di giornalisti precari a raccontare storie di coetanei accomunati dal futuro incerto come il rinnovo del loro contratto. Erano cinquemila a Napoli, trentamila a Roma a rivendicare «il desiderio non più rinviabile di vivere la nostra vita, e riprenderci il presente». A chiedere al premier Berlusconi di farsi da parte perché ha trascinato la nostra generazione in un baratro». Nel corteo romano che parte da piazza della Repubblica tanti i giovani, ma altrettanti quelli con i capelli diventati grigi sognando un’assunzione a tempo indeterminato: c’è chi aspetta dal ‘79, chi ha alle spalle una serie infinita di contratti da tre e sei mesi «che potrei giocarli al lotto». Chi un figlio lo ha avuto lo stesso rischiando «perché ho 38 anni e la vita non aspetta». Accanto a loro, coppie di genitori sessantenni esasperati, venuti per la prima volta in strada per protestare «contro il futuro rubato ai nostri ragazzi: laureati si ritrovano a fare i giardinieri e gli spazzini o ad andarsene all’estero». Il corteo scorre senza incidenti, in prima fila il segretario della Cgil Susanna Camusso. Netta nel giudicare l’Italia di cui «non ci si può immaginare un futuro se ci sono intere generazioni che pensano che questo paese non li vuole e non dà  loro nessuna prospettiva». Una risposta indiretta al ministro del Welfare Sacconi al quale la manifestazione «non sembra un ritrovo di precari ma solo di alcune associazioni, e la Cgil è l’unica organizzazione che l’appoggia». Sarà , ma di una cosa è convinta Rosy Bindi mentre guarda i ragazzi: «Qui c’è la parte migliore del paese».

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