La Turchia di Murat Belge

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Il professor Murat Belge è stato il primo editore di Orhan Pamuk, il primo intellettuale che in quel paese osò sfidare il divieto imposto dai militari promuovendo un convegno di studi sul massacro degli armeni, rischiando dieci anni di galera. Ora che al governo ci sono gli “islamici moderati” di Erdogan, Belge, docente di letteratura comparata a Istanbul, ha accettato di spiegarci come vede questo nuovo governo, alla luce della storia del suo paese. Un racconto davvero affascinante.

“Per capire il presente bisogna tornare un po’ indietro nella storia del nostro tempo, ai tempi in cui l’impero ottomano era definito “il grande malato”. I sultani erano consapevoli di quella malattia, e cercarono di curarla con le riforme, le famose Tanzimat, cioè quel complesso di adeguamenti legislativi e costituzionali che dovevano mettere l’impero ottomano al passo con le altre potenze europee. Una scelta analoga a quella compiuta dalla Russia di Pietro il Grande, tanto che questi due imperi nemici, se li osserviamo dalla finestra della storia, possiamo vederli come due signori che procedono lungo la stessa strada sebbene in direzioni diverse. Il grande limite dell’occidentalizzazione ottomana, un’occidentalizzazione scelta per resistere all’Occidente, è stato nel suo carattere difensivo, che la rese una occidentalizzazione elitaria. Si arrivò così al 1875, quando il sultano Abdul Hamid decise di cambiare strada, e invece che al costituzionalismo fece appello all’autoritarismo, cercando il cemento per tenere insieme il suo impero non più nella democratizzazione, ma nell’Islam. Tutto sommato i territori a maggioranza cristiani erano andati persi… E riesumò un termine di cui nessuno si ricordava, facendosi chiamare Califfo. Con questa idea di essere il Califfo dei fedeli il sultano intendeva anche minacciare gli europei: “io sono anche il Califfo dei vostri sudditi musulmani, particolarmente numerosi nel vostri domini asiatici, se mi provocate io posso indurli a ribellarsi, o insorgere contro di voi.”
Contro questa politica, basata su due pilastri, “impero” e “religione”, le opposizioni vararono una politica basata sui due pilastri opposti, “nazionalismo” e “laicità ”, quello che da allora in avanti si sarebbe chiamato il panturchismo.
Comincia così la storia della Repubblica Turca, che è una storia individuale, la storia di Mustafa Kemal, detto Ataturk. Uomo senza scrupoli, brutale, Ataturk era ossessionato dall’Islam, che a suo avviso era la causa dell’arretratezza della nazione turca. Ma la nascente nazione turca aveva un problema, l’assenza di una borghesia. O meglio, una borghesia c’era, ma non era “turca”, era costituita dagli armeni. Ecco come si spiega il loro massacro. Approfittare della I guerra mondiale per sbarazzarsene e impossessarsi delle loro proprietà .
Nacque così un paese senza ceti medi, un paese di contadini, povero, dove i vantaggi dell’occidentalizzazione erano riservati ai membri dell’elite dominante. E i contadini si sono sentiti sfruttati dagli “occidentalizzatori”, sono rimasti aggrappati alla loro religiosità  semplice, fatta di regole per le esequie e le preghiere, un po’ come nel vostro Mezzogiorno di un tempo. Questo Islam, l’Islam turco, è tanto profondo quanto diverso da tanti altri Islam, a cominciare da quello arabo, perché è un Islam dove i musulmani sono abituati a convivere con una numerosa se non prevalente presenza cristiana, una presenza che non è mai stata quella di un’esigua minoranza, come in Siria o in Giordania e così via. Ecco perché Erdogan è popolare, perché lui rappresenta quell’Islam, l’Islam di una popolazione umiliata e sfruttata dagli “occidentalizzatori pro domo loro”. Quegli occidentalizzatori che hanno espropriato greci e armeni pensando di turchizzare la società . Ma la turchizzazione non ha funzionato, perché i curdi non si sono fatti turchizzare. Quell’occidentalizzazione  è riuscita soltanto a eliminare le comunità  cristiane, impoverendo la nostra società . Si calcoli che soltanto a Istanbul c’erano 200mila greci, oggi sono 2mila. Qualcuno potrà  correggermi, dicendo che sono 1973, o 2006, ma non di più. E’ nata così una repubblica militare, la cui storia è segnata dai golpe. Il golpe del 1960 e poi quello del 1971, e poi quello del 1980. Tutti questi golpe derivano da un paradosso: gli occidentalizzatori hanno voluto portarci nella Nato e in altre istituzioni “occidentali” senza credere nella democrazia; così avrebbero voluto riportarci al sistema monopartitico, ma non potevano.
Come spesso accade in sistemi del genere è nata presto un’opposizione di comodo: la cosiddetta sinistra turca. Alleata dei kemalisti e dei generali, anche perché Mosca gli diceva di stare lì, con i generali, quella sinistra era naturalmente alleata del potere perché costituita dai figli dei membri della nomenklatura. Questa alleanza, e l’uso sapiente di alcuni vocaboli, hanno creato il mito che il regime turco fosse “progressista”, di sinistra, perché laicista. Finché un grande sociologo ha preso carta e penna e ha scritto un libro nel quale ha detto: guardate che quelli che voi considerate di sinistra sono di destra, sono fascisti. E in effetti tra il kemalismo e il fascismo ci sono molte similitudini.
Ora accade che la Turchia sia uno strano oggetto. Uno può pensare che come tutti gli oggetti anche la Turchia abbia una destra e una sinistra. La Turchia invece ha due destre. Quella degli occidentalizzatori con le baionette, i fascisti kemalisti, e la destra religiosa, islamica, di Erdogan. Solo che questa destra, la destra di Erdogan, ha fatto quello che dovrebbe fare una sinistra, se esistesse. Ha avviato i negoziati per entrare in Europa, ingresso che i kemalisti vedono come il fumo negli occhi, ha riformato la costituzione togliendo ai militari e ai loro tribunali poteri vessatori: ha anche tolto il divieto alle manifestazioni per il Primo Maggio, un piccolo fatto che cito per spiegare quando fascista sia l’altro campo.
Chi pensa che io simpatizzi con Erdogan si sbaglia. Gli do atto di quello che ha fatto di buono, ma so anche che è un musulmano testone, e io non sono credente. Ma anche i kemalisti sono diventati religiosi! Il loro Dio è Ataturk, la loro età  dell’oro è quella che vivono come una mitologia, la Turchia di Ataturk, quando tutto era bello! Per loro era certamente così, visto che potevano fare il bello e il cattivo tempo, ma questo i sacerdoti del kemalismo non lo dicono.”

di Riccardo Cristiano


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