La strategia di Guéant, arginare gli stranieri e bloccare lady Le Pen

by Editore | 18 Aprile 2011 7:17

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Nel momento in cui il ministro dell’Interno Claude Guéant si impegna in televisione a diminuire di 20 mila persone all’anno la quota dei lavoratori stranieri regolari (da 200 a 180 mila), il valico di Ventimiglia diventa un punto cruciale: non tanto della temuta invasione dalla sponda Sud del Mediterraneo, quanto della politica muscolare di Parigi contro l’immigrazione. Non si tratta solo di fermare i tunisini, che Guéant non senza ragioni definisce «immigrati esclusivamente economici, che dovrebbero piuttosto contribuire a costruire la democrazia nel loro Paese finalmente libero dalla dittatura» . Bisogna farlo anche con modi spettacolari — la chiusura dei collegamenti ferroviari — e irrituali — la mancata consultazione con il governo italiano. Guéant, da 10 anni fedelissimo di Sarkozy e potente esecutore della sua politica (all’Eliseo lo chiamavano «Mazarino» ), è oggi il «falco» dell’esecutivo francese, interprete della linea dura contro l’immigrazione voluta da Sarkozy per tentare di fermare alla sua destra l’avanzata del Fronte Nazionale di Marine Le Pen. Da una parte Sarkozy, Guéant e Jean-Franà§ois Copé, ostinato organizzatore del dibattito sulla laicità  (cioè l’Islam). Dall’altra le «colombe» : il premier Franà§ois Fillon, che comprende le difficoltà  italiane e propone che l’agenzia europea Frontex non riconduca i clandestini a Lampedusa, e la ministra dell’Economia Christine Lagarde, che ricorda il bisogno di manodopera straniera, spalleggiata dalla presidente del Medef (la Confindustria francese) Laurence Parisot. Gli uni sperano di riconquistare i voti e la scena rubati dall’astro nascente Marine Le Pen. Gli altri temono che gli elettori di centrodestra abbandonino un governo ormai troppo spostato a destra e si lascino convincere da uno dei tanti probabili candidati di centro alle presidenziali del 2012 (Jean-Louis Borloo, Dominique de Villepin, Franà§ois Bayrou). La linea vincente, per adesso, è quella del presidente, in calo costante nei sondaggi ma, a suo stesso dire, sicuro di recuperare. Così, la questione su chi tra Italia e Francia stia interpretando meglio o peggio il Trattato di Schengen appare accademica. La Francia deve prima di tutto dimostrare ai suoi cittadini che la frontiera di Ventimiglia non è un colabrodo, e anzi farne un esempio di determinazione e rigore. Anche a costo di fermare i treni (poi ripartiti dopo le proteste italiane) o applicare con atteggiamento restrittivo le cinque condizioni contenute nella circolare di Guéant sui permessi temporanei. I funzionari di frontiera francesi chiedono ai tunisini, tra l’altro, la dimostrazione di possedere 62 euro al giorno per il sostentamento: in contanti, e se uno si allontana per ritirarli al bancomat viene comunque registrato, in modo che al ritorno verrà  trattato come un recidivo da un altro funzionario. In attesa del vertice italo-francese del 26 aprile a Roma, quel che conta, più che non irritare l’Italia, è arginare Marine.

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