La proposta della Carfagna Più donne nei Comuni

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ROMA — Quattro articoli, nessun impegno di spesa: è per favorire le donne nei consigli comunali il disegno di legge che arriverà  stamattina a Palazzo Chigi. Mara Carfagna, ministro delle Pari opportunità , lo metterà  sul tavolo del esecutivo con l’intento e la determinazione di farlo approvare oggi stesso. E questo mentre alla Camera ha avuto una battuta di arresto la legge sulle quote rosa nei consigli di amministrazione delle società  a partecipazione pubblica e di quelle quotate in borsa, già  approvata una prima volta, ma con modifiche, dai due rami del Parlamento e a Montecitorio, quindi, in terza lettura. Il disegno di legge che sarà  portato oggi all’esame del Consiglio dei ministri è composto di quattro articoli e tre punti chiave. Si comincia con la doppia preferenza aggiuntiva «di genere» alle elezioni nei Comuni. Ovvero: invece della preferenza unica, sulla scheda elettorale si potrà  aggiungere anche un secondo nome purché sia di sesso differente rispetto alla prima preferenza espressa. È evidente che la preferenza di genere è pensata per favorire le donne, alla luce dei dati più recenti che in Italia vedono quasi 2 mila e 300 Comuni (il 32%del totale) con giunte formate da soli uomini, senza nemmeno un assessore donna. Partendo da qui ecco il secondo punto cardine del disegno di legge voluto dal ministro Carfagna: sarà  obbligatorio garantire nelle giunte dei Comuni la presenza di una donna. Niente quote o percentuali: nel provvedimento si pensa che ci debba essere almeno una donna. Anche se, ovviamente, si spera ben di più. Il terzo punto è quello che resuscita una disposizione già  introdotta nel 1993 e sempre rimasta soltanto sulla carta: le quote rosa nelle liste elettorali. Si prevede che nelle liste delle elezioni per i Comuni i candidati di uno stesso sesso non possano superare i due terzi dell’intera lista dei nomi. Mara Carfagna è partita da numeri ben poco felici prima di arrivare a decidere lo schema di questo disegno di legge. Perché se nel 32%dei Comuni d’Italia non c’è nemmeno un assessore donna, sono 9 i Comuni capoluoghi di Provincia con giunte formate soltanto da uomini. In totale, nei municipi italiani, le donne sono 23.654, cioè il 18,7%del totale. E i sindaci donna sono 880, pari al 10,9%. Poco più di una su dieci. Non sono percentuali esaltanti. Così come desolanti sono le presenze femminili nei consigli di amministrazione delle società  a partecipazione pubblica e quotate in Borsa. Per questo quel disegno di legge che sta viaggiando tra Camera e senato è stato firmato in modo bipartisan dalle deputate Lella Golfo (Pdl) e Alessia Mosca (Pd). Prevede che nei consigli di amministrazione debbano sedere almeno un terzo di donne, sebbene nel testo licenziato dal Senato questo traguardo verrà  raggiunto soltanto nel triennio 2015-2018, mentre nel triennio precedente sarà  sufficiente la presenza di un quinto. Pena: prima una multa e, dopo, lo scioglimento del consiglio stesso. Questo testo bipartisan è approdato alla Camera in terza lettura. E con grande celerità  era riuscito ad ottenere la firma di tutti i partiti di Montecitorio per avere la sede legislativa direttamente in commissione Finanze. Ma Fli ci ha ripensato e ha tolto la firma. Uno stop che Benedetto Della Vedova, presidente dei deputati del partito finiano, ha motivato come una protesta esplicita contro la nomina di Maria Grazia Siliquini al consiglio di amministrazione delle Poste. Ha spiegato: «Mi era stato detto che il suo passaggio al Pdl il 14 dicembre era stato compensato proprio dalla promessa di questa nomina. Non volevo crederci. E invece eccoci: vorrei che qualcuno mi desse spiegazioni e mi spiegasse che titoli ha questa signora» .


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