by Editore | 30 Aprile 2011 7:37
ROMA – Continuano i bombardamenti dei caccia italiani in Libia, e la Nato ringrazia l’alleato “riluttante” che alla fine si è convinto a partecipare alle operazioni come gli altri partner. Ieri altri due caccia Tornado partiti da Trapani hanno sganciato i loro ordigni su installazioni militari libiche, strutture ed edifici ormai deserti da tempo, tanto che ormai molti – anche nella Nato – ritengono che buona parte delle missioni di bombardamento abbiano prevalentemente un effetto psicologico sulla leadership libica invece che un vero scopo operativo. La Nato, che ha accentrato la diffusione di tutte le informazioni sui bombardamenti, anche ieri non ha segnalato la nazionalità di ciascuna missione, ma ha dato dettagli sui bombardamenti di giovedì: il 28 aprile le sortite sono state 142, di cui ben 67 missioni di attacco. Nell’area di Tripoli sono stati colpiti un centro di comando e controllo, un’area di manutenzione elicotteri, 7 depositi di munizioni, 5 veicoli blindati. Un deposito di munizioni è stato colpito a Zintan e un comando a Brega. Nella conferenza stampa al comando nato di Bagnoli, il generale Rob Weighill, sottocapo di stato maggiore di “Unified Protector”, ha elogiato la partecipazione italiana alla missione: «Nell’ultima settimana l’Italia ha partecipato ad attacchi che sono andati a buon fine, gli interventi aerei italiani hanno portato grandi benefici alle operazioni. Siamo grati all’Italia per ciò che ha fatto fin dall’inizio delle operazioni, sia con la no fly zone sia con l’embargo». Un ringraziamento che però quasi sottolinea il ritardo con cui l’Italia è entrata a far parte integralmente della missione, nonostante sia il paese senza le cui basi l’operazione sarebbe praticamente impossibile. Sul fronte diplomatico in questo fine settimana ci saranno nuove consultazioni per preparare la riunione del “Gruppo di Contatto” di giovedì prossimo. Il 5 maggio a Roma ha confermato la sua presenza il segretario di Stato Hillary Clinton, assieme ai ministri britannico e francese Hague e Juppè e al primo ministro del Qatar che assieme a Franco Frattini co-presiederà il vertice dei paesi amici della Libia. Frattini ieri ha anticipato qualcuna delle idee a cui in queste ore stanno lavorando alla Farnesina: «Mentre continuano le operazioni militari dobbiamo gettare le basi di un piano di rinascita e pacificazione, dobbiamo aprire la strada al processo che porterà alla creazione di una Costituzione per la Libia, un processo al quale Gheddafi e la sua famiglia non potranno partecipare perché si sono macchiati del sangue dei propri cittadini». Nel vertice di Roma dovrebbe essere lanciato un “piano di riconciliazione” coordinato dalle Nazioni Unite, che prevede un cessate-il-fuoco e la creazione di corridoi umanitari. Secondo Frattini, dovrebbe essere un progetto «che permetterà a tutti i gruppi libici di definire una grande assemblea nazionale di riconciliazione e possa aprire la strada verso la Costituzione».
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