by Editore | 8 Aprile 2011 7:18
Un militare coinvolto nella pianificazione della guerra in Libia parla con freddezza del bilancio di queste prime settimane di operazioni aeree della Nato: e soprattutto conferma che dall’altro ieri Shape, il comando militare supremo della Nato, ha chiesto a tutti i paesi dell’Alleanza di offrire più risorse per fermare l’avanzata delle truppe di terra di Gheddafi verso la Cirenaica e verso Bengasi. «Ci hanno chiesto di mettere a disposizione capacità “air to ground”, la forza di attacco dei Tornado, degli Amx, degli AV-8B a decollo verticale della Marina Militare, cioè di bombardare come fanno gli altri», dice un diplomatico, confermando che il governo in queste ore ha riunito i capi militari per capire cosa sia possibile fare. «Il vero problema però è politico», dice un’altra fonte coinvolta nella valutazione: «Ieri sera il segretario generale della Nato in una telefonata con Frattini ha fatto formalmente la richiesta politica, ma nel governo ci sono pareri diversi, ancora molte incertezze». Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha paura di passare per il “ministro delle bombe” in caso di errore, di un bombardamento italiano che finisca fuori bersaglio colpendo dei civili, trasformando di fatto il ministro stesso in un capro espiatorio politico per l’errore degli aerei. Berlusconi prova a tenersi distante da ogni decisione militare, mentre la Lega continua a diffidare di una guerra che non voleva e che adesso potrebbe impantanarsi. In ogni caso fra Tornado, Amx e AV-8B l’Italia potrebbe mettere a disposizione anche 40 velivoli, che non sono poca cosa visti i numeri della coalizione. Al Ministero della Difesa ma soprattutto al Ministero degli Esteri tutti sono convinti che non ci si possa tirare indietro. Alla Difesa il primo è il capo di stato maggiore, il generale Biagio Abrate, mentre il capo dell’Aeronautica Pino Bernardis ha confermato che la sua forza armata è pronta ad eseguire le missioni decise dal governo. Dice un generale che «non si tratta di aderire semplicemente a una richiesta della Nato, ma di agire con chiarezza. Vista la posizione politica presa dal governo bisogna impegnarsi a fondo perché le operazioni abbiano successo al più presto». La presa di posizione è condivisa anche dalla Farnesina: ieri l’inviato speciale italiano a Bengasi, Guido de Sanctis, è stato convocato assieme ai colleghi francese e britannico dal “ministro degli Esteri” dei ribelli, Al Issawi. «Chiediamo a Italia, Francia e Gran Bretagna di premere sulla Nato per fermare con forza gli attacchi di Gheddafi, sono tornati a minacciare Bengasi, sono tornati pericolosi», ha detto il ministro. In effetti alcuni giornalisti ieri pomeriggio hanno segnalato che centinaia di civili e di ribelli sono tornati a fuggire dalla zona di Ajdabiya, mentre attorno a Brega un aereo Nato avrebbe colpito ancora una volta per errore un gruppo di ribelli, facendo diversi morti. Sul fronte politico una conferma dell’apertura italiana ai ribelli è la visita che lunedì prossimo il capo del Cnt di Bengasi, Mustafà Abdel Jalil, terrà a Roma: non vedrà soltanto Silvio Berlusconi e il ministro Frattini, ma anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che è politicamente in prima linea nel difendere l’applicazione della risoluzione Onu che chiede di fermare gli attacchi di Gheddafi.
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