La giornata tipo del cavaliere ipercinetico

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Il quale sfancula il presidente della Camera, Fini. Mentre una deputata disabile dell’opposizione viene insultata. In quanto disabile. Intanto, la rivolta popolare a Lampedusa non accenna a placarsi. Perché il flusso di disperati non cala. (Sarebbe bello che i “popoli oppressi” si ribellassero e liberassero da soli, senza poi pretendere aiuto da noi). Un’imbarcazione affonda davanti alle coste libiche, insieme a decine di persone (morte. Non daranno fastidio a nessuno). Il capo del governo parte per Tunisi, dove incontrerà  le autorità  tunisine. Obiettivo: controllare i flussi di migranti diretti verso le nostre coste; rimpatriare – parte – degli immigrati già  arrivati. Anche se le autorità  tunisine non sembrano d’accordo. Intanto in Parlamento continuano – in modo, diciamo pure, convulso – i lavori per riformare la Giustizia. Cioè: per disinnescare i processi più critici, per il primo ministro. Soprattutto quelli a sfondo pruriginoso. Per neutralizzare l’alone sgradevole che produrrebbero (produrranno?). Tutto procede in modo nevrotico, sussultorio, intermittente, senza una direzione precisa. Impossibile mettere in fila i fatti degli ultimi mesi, se ho già  impiegato tanto tempo a raccontare quelli degli ultimi giorni. È difficile anche capire le forze in campo, in Parlamento: chi sta con chi. I sedicenti Responsabili: difficilmente possono garantire un consenso stabile. Come pretendere fedeltà  e coerenza da chi è abituato a cambiare bandiera e partito (in cambio di privilegi)? D’altronde, a differenza di Fi e An, il Pdl è un non-partito. Scomposto da divisioni personali, locali e di gruppo. La debolezza dell’opposizione permette a questa maggioranza di proseguire. Senza sfaldarsi. Ma andare al voto, secondo i sondaggi, sarebbe molto rischioso per il Pdl. Per il centrodestra. Per Berlusconi. Insomma: la vertigine. Anche se viene il sospetto che vi sia un senso in questa rappresentazione apparentemente priva di senso. Dove tutto prosegue e si sussegue in modo asincrono. Come un “Blob” infinito e permanente. Rammenta l’idea di ipermodernità , tracciata da Gilles Lipovetsky. Un tempo dove tutto è iperbolico. Perché il tempo si snoda in una catena di istanti. Come un film che incatena una sequenza di istantanee. Dove tutti gridano, tutto è enfatizzato, tutto avviene in modo “estremo”. Perché viviamo tempi estremi, dove la comunicazione mediale trasmette tutto in tempo reale. Ed esige spettacolo, messaggi forti. E, alla fine, nulla resta se non viene proposto in modo estremo e iperbolico. Viviamo nell’era della politica ipercinetica. Il cui signore indiscusso è Silvio Berlusconi. Iperbolico e cinetico come nessun altro. Sempre in movimento, sempre in viaggio, sempre sui media. Ogni giorno un evento, un messaggio, un proclama, un fatto (annunciato). Un luogo reale trasfigurato in metafora del cambiamento “concreto”. Lui: l’uomo del fare. A Napoli. Dove le immondizie scompaiono e ricompaiono, per scomparire di nuovo. Dai media. All’Aquila. Dove le macerie sono scomparse e la ricostruzione procede bene. Lo garantisce la figurante che a Forum ha recitato la parte di una terremotata beneficiata dal governo. Oggi a Lampedusa. La popolazione – disperata – assediata dai disperati. Che alcuni autorevoli leader di governo invitano a ributtare in mare. (Con una iperbole forse involontaria). E Berlusconi. Un giorno a Milano, al processo, ad arringare la folla dal predellino. Il seguente, a Lampedusa, a consolare e galvanizzare i residenti. Di passaggio: a Palazzo Grazioli. Ad allietare i sindaci con barzellette osé. E poi: a Bruxelles, visibilmente defilato, perché a lui le chiacchiere non piacciono. In attesa di un vertice prossimo venturo con Sarkozy. Lui “fa”. In quest’era del vuoto (riprendendo Lipovetsky), lui satura ogni spazio, ogni angolo, ogni istante. (Volontariamente, come emerge dall’inchiesta di Alberto Ferrigolo sulla “Diabolica arma dei sondaggi”, pubblicata sull’ultimo numero di Reset). Per cui diventa impossibile prescindere da lui. Nel vuoto di progetti e di idee. Nel vuoto dell’orizzonte politico vuoto. Lui “è”. L’opposizione appare afona. Poco visibile. Certo alcuni lo imitano. Ma non c’è partita. In fondo è lui, Berlusconi, l’unico in grado di fare opposizione. A se stesso. Perché i messaggi iperbolici, gridati un giorno dopo l’altro e un istante dopo l’altro, possono dare un senso di movimento, anche se tutto resta fermo. Possono rimpiazzare le idee con spot a raffica. Possono generare assuefazione etica. Così che nulla, ma davvero nulla, riesce più a stupire – non si dice indignare. Ma a volte – qualche volta – le iperboli, ripetute senza soluzione di continuità , finiscono per cozzare l’una contro l’altra. Lui, indulgente e accogliente con Gheddafi. Come altri prima di lui, in Italia (e non solo). Ma unico a baciargli la mano. In modo iperbolicamente teatrale. E il giorno dopo schierato – a malincuore – con la coalizione che bombarda il raìs e ne vuole la testa. Lui, iperbolicamente, pronto a liberare Napoli dai rifiuti, l’Aquila dalle macerie, Lampedusa dagli immigrati. Gli italiani dalle tasse. Ieri, oggi. Ma anche domani. Perché i rifiuti, le macerie, gli immigrati – e le tasse – restano sempre lì. Lui, il leader ipercinetico di questa Destra ipercinetica. Costretto a correre. A cambiare scena e repertorio. Ogni giorno. Finché il fisico glielo permetterà . Finché l’iperbole riuscirà  a colmare il vuoto della politica. Finché non ci stancheremo di rincorrere le iperboli. Finché la cin-etica riuscirà  a soddisfare l’eclissi etica.


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